Il monastero benedettino di San Nicolò l’Arena, il più grande d’Europa insieme a quello di Mafra in Portogallo, torna all’attenzione del pubblico con una mostra – Scienza e arti all’ombra del vulcano. Il monastero di San Nicolò l’Arena. XVIII - XIX secolo, che sarà inaugurata venerdì 30 ottobre alle 17:30, nella maestosa biblioteca settecentesca progettata da Giovan Battista Vaccarini (Monastero dei Benedettini, Biblioteche Riunite Civica e A. Ursino Recupero, Sala Vaccarini, via Biblioteca 13).
Edificato dopo il terremoto del 1693 che distrusse gran parte della Sicilia orientale, il monastero ha ospitato sino al 1867 – anno della soppressione da parte dello Stato italiano – una comunità di monaci che in città dettava legge per la sua ricchezza e il suo prestigio. Un ambiente che, con il suo sfarzo e la sua opulenza, dai chiostri ai giardini, dalle sontuose celle alle labirintiche cucine al “Caffeaos”, ha ispirato alcune delle pagine più note dei Vicerè di Federico De Roberto, romanzo prediletto di Leonardo Sciascia, ma di cui forse le attività culturali e scientifiche non hanno ricevuto la dovuta considerazione.
Il monastero di San Nicolò, a partire dagli anni Quaranta del Settecento e sino alla sua soppressione, è stato crogiolo di una intensa attività culturale aggiornata sui progressi della scienza e del sapere internazionale. Una vitalità che smentisce il paradigma gentiliano della Sicilia “segregata” dal resto d’Europa e che si riflette appieno non solo nei ricchissimi fondi che costituiscono la Biblioteca, dai volumi di Montfaucon a quelli di Linneo, dagli atlanti alle illustrazione di pietre e conchiglie, agli erbari illustrati, come l’esemplare di Liberato Sabbati proveniente dall’Hortus Medicus dell’Università La Sapienza di Roma dove venne acquistato alla metà del Settecento da Placido Scammacca, ma anche nelle collezioni antiquarie e scientifiche che ne rappresentano il colto ed elegante complemento. Raccolte che, divenuto oggi il monastero sede della facoltà universitaria di Lettere e di Lingue, si conservano – ad eccezione della Biblioteca – nelle principali istituzioni pubbliche di Catania.
Accolta dunque in quello che può essere ritenuto il tempio del sapere del monastero di San Nicolò la mostra - un progetto di Enrico Iachello e Giovanni Salmeri, allestimento a cura di Caterina Napoleone con la collaborazione di Diana Rastelli - si propone di mettere in scena l’interdisciplinarità che diede origine parallelamente ad approfonditi studi nel campo dell’antiquaria, della vulcanologia, della geografia, della botanica, della agronomia, della mineralogia e della astronomia, che mirano a restituire la peculiare fisionomia storica e naturalistica della città “all’ombra del vulcano”. Emblematica in questo senso è la figura di Vito Maria Amico, teorizzatore, alla metà del Settecento, dell’indissolubilità del binomio storia-geografia.
Nella rassegna sono stati quindi nuovamente riuniti alcuni di quei “tesori” appartenuti al Museo dei benedettini, rappresentati sia da opere di manifattura siciliana che da reperti acquistati sul mercato romano. Ad evocare le arti del titolo della mostra contribuiscono inoltre l’imponente Meridiana nel pavimento della navata centrale della chiesa di San Nicolò, il cui progetto nel 1841 venne affidato dall’abate Corvaja a due scienziati d’oltralpe il tedesco Wolfgang Sartorius von Waltershausen e il danese Christian Frederick Peters, mentre le tarsie in marmo delle costellazioni furono eseguite dal lapicida Carlo Calì su disegno di Thorvaldsen, e il monumentale organo costruito da Donato del Piano, ammirato da tutti i viaggiatori in Sicilia della seconda metà del Settecento e dell’Ottocento, da cui risulta evidente la passione dei monaci per le questioni relative all’acustica e la musica. Nella fattispecie, a testimonianza di quanto la presenza delle muse Erato e Euterpe nel monastero dei benedettini fossero preminenti, è esposto un ritratto di Vincenzo Bellini, il Cigno catanese che, giovanissimo, diede prova della sua arte nella stessa chiesa di San Nicolò.
Tra gli arredi liturgici figurano alcuni esempi del più significativo artigianato aulico isolano in metallo dorato e coralli, teche e reliquiari in argento, così come di gusto prettamente siciliano sono i collages e i ricami in seta riferibili all’abate Emiliano Guttadauro, che all’inizio dell’Ottocento fu il vero iniziatore degli studi botanici al monastero, e al quale si deve anche l’orto botanico impiantato sul terreno lavico limitrofo al monastero. In Guttadauro la passione per la scienza – non solo per la botanica, ma anche per la malacologia – si trova unita ad una moderna sensibilità umana e religiosa, invalsa a partire dagli ultimi decenni del Settecento.
Completano la serie delle opere esposte alcuni dipinti, provenienti dalle collezioni del locale Museo Diocesano, con l’intento di evidenziare la dimensione religiosa sottesa agli studi dei benedettini catanesi. Fra questi, la Sacra famiglia del pittore Antonio Cavallucci, l’artista che della temperie neoclassica fu tra i più rinomati nella Roma di Pio VI Braschi, e i ritratti di intellettuali ed ecclesiastici che riconducono nella Sala Vaccarini coloro che nel Settecento e nella prima metà dell’Ottocento ne sono stati assidui frequentatori. Opere che, nel loro complesso esprimono il ruolo centrale – culturale e politico – che il monastero ebbe nella vita della Catania moderna. La mostra è arricchita dall’edizione di un catalogo edito da Giuseppe Maimone Editore.
La mostra - promossa dalla Provincia regionale di Catania nell’ambito di Etnafest 2009 e dal Comune di Catania, in collaborazione con l'Università di Catania (facoltà di Lettere e Filosofia, facoltà di Scienze Fisiche Matematiche e Naturali, dipartimento di Scienze Geologiche, Orto Botanico, Accademia Gioenia di Catania), Arcidiocesi di Catania (Museo Diocesano), Biblioteche riunite Civica e A.Ursino Recupero, Biblioteca Regionale Universitaria e Teatro Stabile di Catania - sarà visitabile fino al 16 dicembre, da lunedì a sabato (ore 9-17), a ingresso gratuito.
Informazioni tel. 095 316883 095 4012235
(30 ottobre 2009)