Le Voci di Dentro di Eduardo de Filippo é in scena al Teatro Verga da mercoledi 2 maggio a domenica 6 maggio alle ore 20,45 per il cartellone "Nuovoteatro" dello Stabile etneo. Lo spettacolo sarà approfondito nell'ambito di "Doppia Scena" mercoledi 9 maggio alle ore 17 presso il Monastero dei Benedettini con la partecipazione del regista Francesco Rosi che, assieme all'attore Luca De Filippo, si confronterà sulla messa in scena di “Le voci di dentro”. Intervengono i professori Rosamaria Monastra e Fernando Gioviale. "Le Voci di Dentro", commedia noire di Eduardo, rivela, dietro l'invenzione di un delitto solo sognato, il malessere di un'umanità che non sa più ascoltare le voci della coscienza. Ecco dunque apparire personaggi grotteschi, a metà tra il comico e il tragico, che svelano, tramite le proprie vicissitudini, i solchi che corrompono l'apparente solidità dei rapporti sociali, e familiari soprattutto. Dichiara Luca De Filippo: “Con la messa in scena di Le voci di dentro dopo Napoli milionaria, desidero proseguire, insieme a Francesco Rosi, il discorso teatrale sulla drammaturgia di Eduardo. Le due commedie, scritte a pochi anni di distanza ( Napoli milionaria! nel 1945 e Le voci di dentro nel 1948), segnano infatti il momento di passaggio da un Eduardo in cui è ancora viva la speranza nei grandi cambiamenti e nel recupero dei valori fondamentali, dopo il terribile dramma della guerra, ad un Eduardo in cui la disillusione ed il pessimismo prevalgono in misura crescente. È il momento in cui Eduardo passa dalla riflessione sulla società all'approfondimento dei rapporti all'interno della famiglia, sempre più espressione di ipocrisia, tornaconto personale, cinismo e sempre meno di quei grandi ideali quali la fraternità, la solidarietà, la pietà, che avrebbero dovuto segnare il rinnovamento sociale ed individuale”. Sulla stessa scia il regista Francesco Rosi: “Oggi, per noi che facciamo i conti con una cronaca quotidiana sempre più tormentata da violenze insopportabili, da crimini commessi in nome degli interessi più sordidi, il valore di profezia della commedia di Eduardo, definita dall'autore una “tarantella in tre atti”, la sua attualità, sono sconcertanti. Alberto Saporito, il protagonista, ha un incubo, forse una visione, che definirà un “sogno”: il delitto commesso da una famiglia di tranquilli borghesi, e non esita a denunciarli, tanto ci crede. Gli accusati, invece di proclamare ad alta voce tutti insieme la loro estraneità al delitto, sospettano che sia stato commesso da uno di loro e si accusano l'un l'altro, arrivando a progettare un delitto vero per coprirne uno solo immaginato. Situazione paradossale, commedia difficile proprio per questo suo muoversi tra realismo e surrealismo”.
Ed ecco infine le riflessioni dello scenografo Enrico Job, che chiarisce la fonte che l'ha ispirato: “Un'ossessione simile a quella di Caravaggio, da me molto citato come sincretico reperto fotografico, nell'insistito bianco e nero della scena, dove l'unico vero colore, come per Caravaggio appunto, è l'incubo del sangue e dell'assassinio. Questo rosso, questa sinistra oniricità, questa perdita di consistenza, questo confondere il sogno e con la realtà, a lungo andare da forma a voci che vengono dall'anima con la materia di cui sono fatti i sogni. Con evidenze corpose e reali che la luce trasmuta nell'incerto apparire di trasparenze e consunzioni, ho cercato di realizzare questa difficile materia. Particolarmente nella scena del secondo e terzo atto, nel quale finalmente apparirà il vero, vergognoso animo dei vicini di casa”.
(09 maggio 2007)