Sarà inaugurata mercoledì 23 maggio alle 17.30, al Monastero dei Benedettini di Catania la mostra ALEA il gioco come scommessa, curata da Franco De Grazia e promossa dalle facoltà di Lingue e letterature straniere (sedi di Catania e di Ragusa) e di Lettere e filosofia dell'Università di Catania, dall'assessorato provinciale alla Pubblica istruzione e ai Beni culturali di Catania, e inoltre dal Comune di Ragusa e dall'associazione culturale Portarossa.
Espongono gli artisti Nino Costa, Giacomo Failla, Concetto Guzzetta, Carlo Lauricella, Leopoldo Mazzoleni, Salvatore Mineo e Antonio Portale.
La mostra sarà visitabile fino a venerdì 1° giugno al Monastero dei Benedettini, e dal 6 al 18 giugno nella Chiesa di Santa Teresa a Ragusa Ibla (inaugurazione mercoledì 6 giugno, ore 19).
(Franco De Grazia) - Questa è la seconda di quattro mostre a tema che si svolgeranno quest’anno nell’ex Monastero dei Benedettini a Catania e saranno replicate nella chiesa di Santa Teresa a Ragusa Ibla. L’interesse per l’argomento mi è stato sollecitato dal ricordo di una cara amica, Silvana Cirrone, docente di Filosofia del linguaggio all’Università di Catania, che al gioco e alle sue regole si è dedicata, regalandoci riflessioni filosofiche di notevole importanza teorica e momenti di gioia spensierata.
Qual’è la molla che spinge al gioco? Il desiderio di guadagno? Certamente no! Questo si può dare in alcuni casi solo come ragione occasionale, ma poi su questa si innestano motivazioni psicologiche ben più profonde che scatenano e spingono sempre più verso una scommessa la cui posta va oltre il guadagno.
In rapporto alla vita reale, dove le leggi della logica e della causalità restringono il campo delle possibilità, il gioco – non obbedendo ad alcuna causalità razionale – fa esplodere il quadro limitato dello spazio esistenziale dove si muove l’individuo e, ponendo in primo piano il meccanismo delle aspettative con le sue innumerevoli possibilità, riscatta l’uomo dalle frustrazioni quotidiane.
Nella prassi della scommessa il possibile diventa lo spazio stesso della libertà, ma è là che risiede uno dei paradossi più sconcertanti del gioco: per il giocatore, l’atto del gioco è l’affermazione suprema ma anche derisoria della sua libertà. Nella prassi del gioco egli diventa padrone assoluto e schiavo delle sue scelte e, in qualche esito tragico, giudice e vittima.
Nell’accezione metaforica possiamo individuare tanti “giochi” quante sono le attività umane, sino a quella per eccellenza, la vita, il gioco più complesso al quale non ci possiamo sottrarre, pena la perdita della nostra coscienza, del nostro essere, di noi stessi. Anch’essa si gioca in diverse mani, ci impone delle regole, ci sottopone scelte da fare e rischi da correre. Il segno della vincita in questo caso è l’affermazione della vita stessa e la comprensione del suo valore.
Gli artisti partecipanti sono siciliani, di solida esperienza e di diversi orientamenti espressivi. Del tema proposto essi hanno colto alcuni elementi metaforici che hanno tradotto nelle opere presenti.
Nell’istallazione di Nino Costa “il giocatore deve (è la regola) guardare nello specchio per trovare il "sé illusorio" su cui si basa il "sé reale"; egli imita una società che si riflette nel suo gioco, attiva un meccanismo commutatorio che porta allo smarrimento relativo, a una “dérive” intelaiata dalla cornice/limite in cui il gioco/sogno sfuma nella realtà con un perenne avvolgersi, senza cui è follia” .
I dadi di Giacomo Failla presentano al centro di ogni faccia lo stesso ‘valore’ geometrico ma, cambiando la combinazione dei segni attorno a esso, ogni lancio determina una nuova vicenda esistenziale. Nella scultura di Concetto Guzzetta l’atleta classico (kouros) moltiplicato serialmente diventa anonimo e rigido modulo di uno schieramento preordinato da campo di calcetto (soccer). La partita si gioca sullo scarto ironico fra la cultura classica e la contemporanea e fra cultura e vita.
La sequenza di Carlo Lauricella mostra una serie di elementi che si susseguono anche cromaticamente, ma caratterizzati da varianti che ne mettono in discussione l’ordinato assetto optical, a dimostrare che nel gioco dell’arte (ma anche della vita) regole ed eccezioni, strutture ed elementi si equivalgono.
Nelle “piegature” di Leopoldo Mazzoleni il pensierospazio è protagonista del gioco nel suo “continuo adattarsi e piegarsi come risultanza di un infinito adeguamento di momenti alle circostanze che di volta in volta si vengono a creare e che mutano intervenendo in quanto emergenza.”
Salvatore Mineo presenta due opere: nella prima richiama i giochi dell’infanzia sui quali si proietta inquietante l’ombra del futuro; nella seconda istallazione, un omino surreale, sospeso come in un sogno sulla sommità di una scatola ludica, osserva impassibile l’evento che nel fondo ha scompaginato la scacchiera.
Il lanciatore di dadi di Antonio Portale è una figura enigmatica: mentre lancia sembra voler trattenere. In essa si combina e si fonde l’azione della scommessa con l’atteggiamento psicologico di chi si interroga sul destino che sta determinando.
(18 giugno 2007)