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Anastasia Genoveffa e Cenerentola

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Venerdì 18 e sabato 19 giugno alle 19 alla Vicaria (Pa) in scena favola di Emma Dante per la rassegna teatrale "Onora i giorni di Festa"

Venerdì 18 e sabato 19 giugno alle 19 alla Vicaria di Palermo andrà in scena Anastasia Genoveffa e Cenerentola, una favola di Emma Dante per la rassegna teatrale "Onora i giorni di Festa" dedicata a Giorgio Li Bassi. Testo e regia sono di Emma Dante; le scene e i costumi sono di Emma Dante. Interpretano: Claudia Benassi, Italia Carroccio, Valentina Chiribella, Onofrio Zummo.

All’interno della casa dove Cenerentola fa da sguattera, la matrigna e le due sorellastre si presentano in maniera totalmente diversa da come invece appaiono all’esterno. A casa sono sciatte, malvestite, trasandate e per di più comunicano tra loro in un dialetto ricco di parole ed espressioni accese. Ma quando entrano a stretto contatto con l’alta società, negli ambienti aristocratici, i loro modi diventano raffinati e sensibili. Le tre arpie si riempiono la bocca di citazioni in francese, mostrando grande rispetto per le regole del galateo. La stessa cosa fa il principe: il suo disagio lo esprime in dialetto come se il dialetto fosse la lingua privata con cui i personaggi possono dire in tutta franchezza ciò che pensano. Ma anche la lingua della vergogna, quella che non si può, non si deve parlare in pubblico. Cenerentola è l’unica a usare sempre lo stesso linguaggio proprio perché non ha niente da nascondere: la sua disperazione è alla luce del giorno e la sua indole è nobile e gentile sia all’interno che all’esterno della casa.

Tutto è giocato tra il dentro e il fuori di un paravento che definisce i luoghi dove si svolge l’azione. Ciò che non si vede è magico, ciò che è alla portata degli occhi è invece reale. Credo che sia più interessante sviluppare e stimolare la fantasia dei bambini attraverso un gioco di apparenze ed evocazioni. La bacchetta magica della fata non è potente quando trasforma la zucca in carrozza ma bensì quando ristabilisce la giustizia e aiuta l’amore a germogliare. La stessa cosa vale per il linguaggio: le parole dialettali, soprattutto di un altro dialetto, sono più misteriose, incomprensibili ma accattivanti nella danza e nel canto delle vocali. I bambini sanno lasciarsi andare all’esercizio della fantasia e bisogna aiutarli a praticarlo offrendogli la possibilità di rielaborare a modo loro le storie che ascoltano dagli adulti. Certo, gli indizi, il sentiero da seguire, la guida sono importanti ma il resto lo devono fare i bambini. La favola ha due morali. La prima è: bisogna essere la stessa persona sia dentro che fuori dalle mura di casa, con una coerenza costante e duratura, senza vergogna delle proprie radici e della propria identità. La seconda è: i cattivi non devono diventare eroi né tanto meno possono rimanere impuniti.

(18 giugno 2010)

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