Giovedì 10 maggio alle 10,30 all'Auditorium Giancarlo De Carlo, Monastero dei Benedettini, si terrà un incontro con il grande regista Francesco Rosi, per rendere un omaggio a Visconti, uno dei padri del neorealismo italiano, e al suo capolavoro La Terra trema di cui quest'anno ricorre il sessantesimo del primo ciak, (1947- 2007). Rosi ne era aiuto regista, insieme a Zeffirelli. L'incontro é organizzato nell'ambito della rassegna Etnafest sezione Cinema, in collaborazione con la facoltà di Lettere e filosofia. Intervengono il preside della facoltà Enrico Iachello, Antonio Di Grado, Fernando Gioviale, Rosario Castelli, Agata Sciacca e Sebastiano Gesù, direttore artistico della sezione Cinema di Etnafest.
Alle 19, nelle Cucine del refettorio, segue l'inaugurazione della mostra L'Episodio del mare - Omaggio a Luchino Visconti. La mostra, visitabile dal 10 al 25 maggio (dal lunedì al venerdì dalle 10.00 – 13.00 e dalle 15.30 – 19.30. Il sabato dalle 10.00 – 13.00) é composta da gigantografie di foto di scena, da manifesti originali del film, da riviste, da filmati con interviste agli attori e dalle pagine dei diari di lavorazione, tenuti da Francesco Rosi, assistente di Visconti, che oggi, a sessant’anni di distanza, vengono alla luce e ci aiutano a capire meglio questa straordinaria avventura realizzativa e umana.
Alle 20,30 al Teatro Sangiorgi sarà proiettato il film La terra trema di Luchino Visconti. Presenziano Francesco Rosi e le sorelle Nelluccia e Agnese Giammona, protagoniste del film. L'ingresso é libero fino a esaurimento dei posti. “Luchino Visconti ha saputo creare un affresco grandioso della tragedia meridionale – spiega il direttore artistico della sezione Cinema di Etnafest, Sebastiano Gesù - La terra trema è la vicenda di esseri umani, protagonisti ed insieme coro, vivi nei loro rapporti con la società, vivi nei loro problemi, nelle loro sconfitte e nelle loro speranze: problemi, speranze, sconfitte che sono identici in ogni Paese e sotto qualunque latitudine, dovunque gli uomini lottino contro le forze della natura e contro coloro che sfruttano. Perché i marinai di Aci Trezza sono i pescatori di Aran, sono i fratelli di quelli colti da Blasco Ibàñez in un porticciolo della costa spagnola, sono i pescatori di perle, gli indios raccontati da Fernandez ne La perla, vivi, tutti, nel loro dolore antico e nella volontà caparbia di affrancarsi dalla miseria”.
La terra trema di Luchino Visconti (Prod: Universalia, Italia 1948)
Il giovane pescatore di Trezza, ‘Ntoni Valastro, stanco di sentirsi sfruttato dai grossisti di pesce, decide di mettersi in proprio e, insieme ai fratelli, acquista una barca, dopo avere ipotecato la casa. Le cose sembrano andare bene: grande pesca e salature delle acciughe. Ma una terribile tempesta distrugge in un naufragio l’imbarcazione e il poveretto si ritrova senza nulla. Dovrà tornare dai padroni sconfitto dagli eventi, ma ricco di un’esperienza che lascerà in lui un indelebile segno di speranza. Capolavoro del neorealismo italiano, ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga, girato nell’arco di sette mesi ad Aci Trezza e interpretato dagli abitanti e i pescatori del luogo, può considerarsi una delle più straordinarie avventure produttive di tutti i tempi. Visconti si avvicina all’Isola con un afflato di solidarietà agli uomini che in essa vivono e soffrono: i pescatori di Trezza, il cui «lavoro della pesca è come un’aratura su una terra bizzarra, talvolta docile, talvolta infida e il cui raccolto è nelle mani dei venti e delle tempeste», e la cui sorte dipende continuamente da qualcuno, dall’umore del mare o dagli interessi dei grossisti di pesce. Da questi pensieri nasce La terra trema, il film liberamente ispirato a I Malavoglia di Giovanni Verga, che rappresenta un fulgido esempio di neorealismo poetico-politico. Quella di Visconti appare, quindi, una rilettura critica in senso moderno del romanzo, che allude all’impossibilità di riscatto dell’individuo isolato e alla conseguente necessità di una solidarietà di classe. Nel film, l’uomo e l’ambiente, costituiscono una fusione totale di gesti e di luoghi, di lingua e di suoni, umani e naturali, in un’armonia di racconto e di rappresentazione audiovisiva, raramente imitabile e ripetibile. «Visconti – racconta Rosi – lavorò negli ambienti scelti senza forzali, senza intervenirvi, senza snaturarli, aggiustandoli minimamente solo per quanto riguarda gli oggetti e la collocazione di qualche mobile. Rispettare l’ambiente: era un metodo da cui scaturiva uno stile. Da questo atteggiamento di rispetto dell’autenticità derivarono una forma molto rigorosa e sobria e un “realismo” di tipo classico». A Trezza Visconti ritrova quei dati della vera umanità degli uomini che andava cercando. Li ritrova e li racconta seguendo «il passo lento e stanco» del pescatore che torna alla sua casa dopo dodici ore di faticosa pesca sulle spalle, che non gli consentono neppure di sopravvivere con la speranza di un domani migliore. Il sistema di ripresa (la panoramica orizzontale e l’inquadratura fissa) adottato da Visconti esaltano l’ambiente di quel teatro naturale che era Trezza, permettendo quasi realisticamente all’occhio della cinepresa di “possedere” le cose e gli uomini: le case e le vie, gli oggetti e i loro usi, il rapporto tra i corpi e lo spazio, la drammaticità dei volti, i gesti.
(10 maggio 2007)