Sabato 20 e domenica 21 marzo (ore 18 e 21.30) alla Sala Lomax (via Fornai, 44), nell'ambito della Rassegna "All'Opira", andrà in scena Cristo al Golgota, elaborato da Alessandro e Fiorenzo Napoli secondo gli antichi canovacci di tradizione.
Come già ebbe modo di documentare Giuseppe Pitrè in alcune pagine memorabili dei suoi scritti (1881 e 1884, poi 1889), nei giorni di Pasqua la tradizione dell’Opera dei Pupi imponeva che si sospendesse il ciclo cavalleresco rappresentato per mettere in scena la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo. I pupari siciliani, oltre che naturalmente alla “vulgata” dei Vangeli canonici, si rifacevano al dramma sacro di Filippo Orioles intitolato Il riscatto di Adamo nella morte di Gesù Cristo, probabilmente stampato la prima volta intorno al 1750 e più comunemente noto come Mortorio di Cristo. Venivano altresì accolti molti episodi di tradizione popolare risalenti ai vangeli apocrifi. L’allestimento scenico dei fratelli Napoli recupera questo toccante momento dello spettacolo tradizionale e intende restituire al pubblico contemporaneo l’atmosfera rituale che si creava nei teatri di quartiere in occasione di quella Sacra Rappresentazione. Lo spettacolo prende le mosse dall’ingresso di Gesù in Gerusalemme e ripercorre le tappe fondamentali della Passione: l’Ultima Cena, l’arresto nell’Orto degli Ulivi, il processo nel Sinedrio, l’incontro con Pilato ed Erode, fino ai commoventi quadri della flagellazione, della Crocifissione e del ribaltamento della pietra del sepolcro. Parola e messinscena si uniscono armonicamente per presentare al pubblico di oggi, secondo l’antica tradizione dell’Opira catanese, il dramma interiore degli uomini – Cristo, Giuda e Pilato – che hanno mutato il destino del mondo. (Alessandro Napoli).
La compagnia dei fratelli Napoli
La compagnia viene fondata a Catania nel 1921 da Gaetano Napoli e oggi, giunta alla sua quarta generazione, senza interruzioni, rappresenta la più significativa realtà del tradizionale teatro dei pupi di tipo catanese. Tutti i membri della famiglia Napoli prendono parte alla messinscena degli spettacoli ricoprendo con maestria i ruoli tipici dell’Opira: Italia Chiesa Napoli, parratrici; Fiorenzo, direttore artistico della compagnia, parraturi principale e maestro costruttore dei pupi; Giuseppe, capu manianti e scenografo; Salvatore, ideatore delle luci e fonico; Gaetano, parraturi; Davide, manianti e secondo parraturi; Dario, manianti e assistente di palcoscenico; Marco, manianti; Alessandro, antropologo, curatore dei testi, manianti e addetto al fabbisogno degli spettacoli; Agnese Torrisi, costumista e direttore di scena.
La storia dell’opera dei pupi
L’Opera dei Pupi è un particolare tipo di teatro delle marionette che si affermò stabilmente nell’Italia meridionale e soprattutto in Sicilia tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. I pupi siciliani si distinguono dalle altre marionette essenzialmente per la loro peculiare meccanica di manovra e per il repertorio, costituito quasi per intero da narrazioni cavalleresche derivate in gran parte da romanzi e poemi del ciclo carolingio. Le marionette del Settecento venivano animate dall’alto, per mezzo di una sottile asta metallica collegata alla testa attraverso uno snodo e per mezzo di più fili, che consentivano i movimenti delle braccia e delle gambe. In Sicilia, nella prima metà dell’Ottocento, un geniale artefice di cui ignoriamo il nome, escogitò gli efficaci accorgimenti tecnici che trasformarono le marionette in pupi. Egli fece in modo che l’asta di metallo per il movimento della testa non fosse più collegata ad essa tramite uno snodo, ma la attraversasse dall’interno e - cosa ben più importante - sostituì il sottile filo per l’animazione del braccio destro con la robusta asta di metallo, caratteristica del pupo siciliano. Questi nuovi espedienti tecnici consentirono di imprimere alle figure animate movimenti più rapidi, diretti e decisi, e perciò particolarmente efficaci per “imitare” sulla scena duelli e combattimenti, che tanta parte avevano nelle storie cavalleresche.
Esistono in Sicilia due differenti tradizioni, o “stili”, dell’Opera dei Pupi: quella palermitana, affermatasi nella capitale e diffusa nella parte occidentale dell’isola, e quella catanese, affermatasi nella città etnea e diffusa, a grandi linee, nella parte orientale dell’isola e anche in Calabria. Le cronache raccontano che l’iniziatore dell’Opra a Catania fu don Gaetano Crimi (1807 - 1877), il quale aprì il suo primo teatro nel 1835. Le due tradizioni differiscono per dimensioni e peso dei pupi, per alcuni aspetti della meccanica e del sistema di manovra, ma soprattutto per una diversa concezione teatrale e dello spettacolo, che ha fatto sì che nel catanese si affermasse un repertorio cavalleresco ben più ampio di quello palermitano e per molti aspetti diverso.
La collaborazione tra Fabbricateatro, i fratelli Napoli e l’Associazione Culturale Alan Lomax nasce nel 2007, con la produzione di due repliche de “L’oro dei Napoli”. Da quel momento, i pupi sono tornati in varie occasioni alla sala Lomax, sia con rappresentazioni per le scuole che con spettacoli serali. Di comune accordo, il regista Elio Gimbo, i fratelli Napoli e i membri della Lomax hanno deciso di offrire al pubblico catanese una continuità nelle rappresentazioni, nel tentativo di ritornare all’Opera dei Pupi come ad un’abitudine del cittadino che si informa e si documenta sull’attitudine del potere in rapporto a chi esso rappresenta.
Info: Sala Lomax: 095/2862812
(20 marzo 2010)