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Due partite

Sabato 6 marzo alle 18, nell’Auditorium del Monastero dei Benedettini, in scena la pièce teatrale di Cristina Comencini

La locandina

Sabato 6 marzo alle 18, nell’Auditorium del Monastero dei Benedettini si potrà assistere alla pièce teatrale Due partite di Cristina Comencini, messa in scena dall’Udi (Unione Donne in Italia) nell’ambito della campagna “Stop femminicidio”.

L’iniziativa è presentata dalla facoltà di Lingue e Letterature straniere insieme con “Convenzione per la Pace” di Catania (Arci, Centro Astalli, Cgil, Chiesa Valdese, Circolo di lettura “Communitas”, Comunità dell’Arca, Cope, Emergency, Facoltà di Lingue, Fare Memoria, Libera, Lila, Mani Tese, Officina Culturale South Media, Parrocchia SS Pietro e Paolo, Pax Christi – Punto Pace di Catania, Rettoria San Nicola L'Arena, Udi).

Lo spettacolo, per la regia di Mariella Peligra, vedrà in scena Antonietta Cardello (Beatrice), Giovanna Costantino Muccio (Sofia e Rossana), Patrizia Dispensa (Giulia), Nunzia Formica (Gabriella), Rita Giuliano (Sara), Laura Maci (Claudia), Francesca Tagliaverga (Cecilia), Grazia Vinci (suggeritrice).

La storia. Anni Sessanta, quattro donne giocano a carte in una casa. Ogni giovedì, da molti anni, si riuniscono per fare una partita, chiacchierare, passare il pomeriggio. Portano con sé le loro bambine che giocano nella stanza accanto. Nessuna di loro lavora, fanno le madri, le mogli, si conoscono da molto tempo. Una di loro è incinta del primo bambino. Durante il primo atto della commedia vediamo intrecciarsi le loro storie tra comicità ed emozioni, il tutto scandito dai primi dolori della partoriente: il tema più forte è quello della maternità, dei vari modi d'intenderla. E la fine del primo si chiude con una nascita: il palcoscenico deserto, le carte abbandonate sul tavolo verde, le voci trafelate delle donne fuoriscena. Secondo atto oggi, quattro donne s'incontrano in un'altra casa, sono vestite di scuro. Si sono riunite dopo il funerale di una delle loro madri che si è suicidata. Capiamo che sono quelle bambine che nel primo atto giocavano nella stanza accanto. A poco a poco le colleghiamo una dopo l'altra alle madri. Qualche volta per rassomiglianza, qualche volta per assoluto contrasto. Due epoche, due modi di essere donne. Sono più felici queste donne, più realizzate? A tratti pare essersi spezzata una catena, meglio o peggio, chi lo sa? Inevitabile. Ma l'identità stessa femminile sembra a tutte loro qualcosa di indefinibile e perciò perennemente a rischio, oggi come ieri. Una specie di energia, di follia che non vuole farsi disarmare, che risorge sempre dalla morte per dare la vita.

(06 marzo 2010)

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