Giovedi 21 Gennaio alle 18.30 alla Libreria Antiquaria Romeo Prampolini (via Vittorio Emanuele II, 333) Luciano Vullo presenterà suo libro Introibo (Joker Edizioni, 2009). Interverranno Gianni Villari, Emanuela Coniglione, Agata Squillaci.
Luciano Vullo, nato nel cuore della Sicilia, a Vallelunga Pratameno (Caltanissetta) nel 1943, si trasferisce a Gela dove frequenta la scuola media “Ettore Romagnoli” e il liceo classico “Eschilo”. Nel giugno 1966 si laurea in filosofia a Palermo con una tesi sulle opere giovanili di Karl Marx. Inizia immediatamente a insegnare nella scuola media di Butera (Caltanissetta), all’istituto Magistrale “Alighieri” e al Classico di Gela come docente di filosofia. Più volte presiede commissioni per corsi per lavoratori e per concorsi a cattedra. Nel 1978 è preside nella Scuola Media “Pirandello” di Campofranco (Caltanissetta), poi alla “Verga” di Gela, al Liceo-Ginnasio di Palazzolo Acreide (Siracusa), al Magistrale di Ravanusa (Agrigento) e, infine, nell’ultimo ventennio all’“Eschilo” e al “Vittorini” della sua città. Da giovane si impegna nella politica militante nel movimento dei lavoratori come dirigente del Psi, nei primi anni ’60, e del Pci dove ricopre incarichi di Segretario del Comitato Cittadino di Gela. Più volte viene eletto Consigliere Provinciale e Comunale. Dal 2003 al 2007 è Assessore all’Istruzione del Comune di Gela.
Che incidenza hanno, nella formazione di un individuo, gli anni della fanciullezza e dell’adolescenza? Decisiva, rispondono gli psicologi, precisando che non occorre neanche arrivare all’adolescenza, perché già nei primi anni di vita (alcuni tirano in ballo persino la vita prenatale) si formano i tratti fondamentali della personalità, il carattere, gli orientamenti culturali. Decisiva, rispondono anche le persone comuni, se solo hanno la capacità di cogliere la diversa intensità con cui si imprimono nella mente gli eventi della prima infanzia rispetto a quelli delle età successive, di rintracciare le persistenze all’interno di processi evolutivi che pure comportano trasformazioni e adattamenti, e di constatare quanto in profondità determinate opzioni affondino le loro radici, dentro e fuori di noi.
Questi interrogativi mi ponevo leggendo in dattiloscritto questo
Introibo di Luciano Vullo, venuto fuori da un contesto sociale costituito dalla Sicilia interna, contadina e postbellica. E mi chiedevo, in particolare, se le scelte politiche potessero, in un processo di maturazione, risalire proprio a quegli anni e a quel contesto (più o meno, come il grande latinista Concetto Marchesi spiegava la propria adesione al comunismo in un pamphlet Perché sono comunista, scritto negli anni Cinquanta); e in generale, se la visione comune, diffusa, dominante, di una realtà di miseria e di sfruttamento, di degradazione e di ingiustizia, non costituisse il presupposto di una scelta politica di sinistra: e dico “sinistra” attribuendo alla parola tutto il peso e il significato che essa aveva in quegli anni, ed ha continuato ad avere ancora per vari decenni. Una risposta affermativa a quest’ultima domanda, nel senso cioè di una correlazione stretta e diretta tra esperienza vissuta e orientamenti politici, suona piuttosto semplicistica. Essa escluderebbe che si possa essere di sinistra senza appartenere a classi popolari, e farebbe di questa appartenenza la condicio sine qua non di determinate opzioni politiche. L’esperien-za mostra invece che non è così. Borghesi o aristocratici illuminati hanno dedicato la loro opera, il loro impegno politico, spesso l’intera esistenza al riscatto sociale di classi alle quali non appartenevano; e viceversa, si è dovuto constatare tante volte che alla minima emancipazione dalla classe sociale popolare è seguita in molti casi una netta presa di distanza, un rifiuto radicale delle forme di vita e dei tratti culturali che la caratterizzavano, quando non un ostentato disprezzo. [...] (dalla Prefazione di Salvatore Nicosia)
(21 gennaio 2010)