Sabato 9 e domenica 10 gennaio da Scenario Pubblico prosegue la rassegna di teatro contemporaneo Gesti contemporanei, per il cartellone del Teatro Stabile di Catania - sezione Te.St, con la messa in scena dello spettacolo Le mille bolle blu di Salvatore Rizzo. Lo spettacolo è una produzione Palermo teatro Festival. La regia e interpretazione sono di Filippo Luna.
Le mille bolle blu racconta la struggente storia di un amore vissuto per trent'anni nella clandestinità. Un sentimento vero, profondo, universale che coinvolge ed appassiona lo spettatore. Protagonisti de Le mille bolle blu sono Nardino ed Emanuele: barbiere il primo e avvocato il secondo. “Se tu chiudi gli occhi e mi baci, tu non ci crederai, ma vedo le mille bolle blu, cantava Mina nel 1961. Le note volavano leggere nell’aria, sembrava quasi che uscissero come bolle di sapone dalla radio anni Cinquanta”. Facevano da colonna sonora all’amore che nasceva, in una piccola bottega da barbiere di una borgata di Palermo, fra due giovani. Una storia d'amore vera che per trent’anni è scivolata in clandestinità. Un sentimento segreto che ha costeggiato – senza mai scalfire – la loro normale vita di mariti e padri di famiglia. Un sentimento profondo, universale che coinvolge ed appassiona lo spettatore. La scintilla tra i due giovani scocca nella bottega di Nardino. Nardino ed Emanuele si innamorano proprio lì, in quel piccolo salone di una borgata di Palermo. E la bottega diventa il rifugio di questo amore segreto. Il patto d'amore tra i due protagonisti resterà inossidabile per tre decenni dal 1961, l'anno in cui Mina cantava Le mille bolle blu, fino al 1991 quando Emanuele muore. Nardino è stato il barbiere di Emanuele per oltre quarant' anni. Ne ha ammirato la bellezza e poi ne ha subito il fascino improvviso, che nel tempo è diventato il sentimento di una tenace storia d' amore.
Le mille bolle blu è il monologo di Salvatore Rizzo, pubblicato nella raccolta "Muore lentamente chi evita una passione" (Sigma edizioni), scritto da Rizzo con Angela Mannino e Maria Elena Vittorietti. Il monologo segna l' esordio del giornalista palermitano nella scrittura teatrale: “Un' esigenza nata spontaneamente, quasi per caso - racconta - perché Filippo Luna, che leggeva il racconto ogni volta che lo presentavamo, l' aveva già fatto profondamente suo, lo faceva vivere con cadenze teatrali”.
Il racconto è un toccante viaggio nel tempo che comincia nel '61 e termina negli anni Novanta. Al funerale del suo Emanuele, Nardino ripercorre le emozioni e la nascita di quel sentimento proibito, le relazioni familiari e le convenzioni sociali che non sono riusciti a tenerli lontani. “Manuè, il nostro è stato amore, zitti zitti, suli suli, tu e io, io e tu. E l' avutri erano l' avutri”, dice a un certo punto Nardino. Solitario protagonista è un superlativo Filippo Luna che in poco meno di un’ora ci fa conoscere i due protagonisti sin da piccoli, da quando le loro vite divergeranno professionalmente ma convergeranno poi in un grande sentimento d’amore. “Il testo mi ha colpito molto - racconta Luna, che firma anche la regia - perché non è la storia di un amore omosessuale, ma di un amore negato, nascosto e nonostante tutto vissuto al massimo. Oggi forse è cambiato tanto nel vivere sociale, ma in fondo sui sentimenti non è cambiato nulla”.
La pièce prende avvio nel momento in cui Nardino, in abito nero e con un mazzo di garofani in mano, si reca a casa di Manuele morto prematuramente per un male incurabile. Sulla scena solo una comoda poltrona in acciaio e pelle, una sorta di alter ego che a volte viene presa a schiaffi e pedate. Sullo sfondo una foto gigante in bianco e nero che ritrae due figure maschili in costume da bagno con i piedi a mollo di chissà quale spiaggia con il braccio dell’uno che cinge la spalla dell’altro e viceversa. Una storia ammucciuni-ammucciuni di cui nessuno saprà niente perché entrambi si sposeranno, avranno due figli ciascuno, vivranno le loro vite, ma continueranno ad amarsi nel salone con la saracinesca abbassata o a Carini nella casa di villeggiatura di Manuele. Bellu scherzu chi mi facisti Manuele… dice singhiozzando Nardino e la Canzone di Don Backy fa un tutt’uno con i suoi sentimenti: “Nel più bel sogno ci sei solamente tu/sei come un’ombra che non tornerà mai più/tristi son le rondini nel cielo/mentre vanno verso il mare/è la fine d’un amore…”.
(09 gennaio 2010)