Sulla scia del grande successo ottenuto fin dal debutto alla Biennale di Venezia, poi al prestigioso Festival Grec di Barcellona e quindi in tournée in tutta Italia, approda a Catania, ospite del
Teatro Stabile,
La famiglia dell'antiquario di
Carlo Goldoni, in scena al Teatro Verga da
martedì 21 aprile a domenica 10 maggio. Unanimi consensi hanno premiato lo spettacolo, prodotto nell'ambito delle celebrazioni del terzo centenario goldoniano della nascita, dagli Stabili del Veneto e di Genova, con il sostegno della Biennale e in collaborazione con la Regione Veneto. Un trionfo annunciato che punta su un allestimento prestigioso firmato da Lluís Pasqual per la regia, Ezio Frigerio per le scene, Franca Squarciapino per i costumi, Antonio Di Pofi per le musiche, Sandro Sussi per le luci. Protagonista d'eccezione Eros Pagni affiancato da Virgilio Zernitz, Gaia Aprea, Anita Bartolucci, Massimo Cagnina, Giovanni Calò, Piergiorgio Fasolo, Nunzia Greco, Aldo Ottobrino, Paola Serra, Enzo Turrin.
Fra i maggiori registi europei, il catalano
Lluís Pasqual aveva affrontato Goldoni nel 1985 con la messinscena memorabile di
Una delle ultime sere di carnovale. Ma non si era ancora accostato nella lingua originale al commediografo tanto amato e frequentato. «
Le sue note di regia - osserva Pasqual -
sono come uno spartito dei sentimenti. Sta tutto scritto nel testo: assolutamente mozartiano, solare e positivo, animato da personaggi che hanno una gran voglia di vivere. Nel loro spirito e nelle loro movenze, mi sforzo di cogliere il respiro di Goldoni. E questo 'mettersi dentro al respiro dell'autore' ha le stesse modalità sia per un testo teatrale che per uno spartito musicale: quello che in musica è l'attacco, in teatro sono gli ingressi. Qui ci sono trecentodiciassette tra ingressi e uscite che bisogna concertare!»
La famiglia dell'antiquario è la sesta delle "sedici commedie nuove" che Goldoni progettò e realizzò in un solo anno, dopo il successo della
Vedova scaltra che avviava la sua famosa riforma teatrale. Messa in scena per la prima volta nel 1750 durante il Carnevale al Teatro Sant'Angelo di Venezia con il sottotitolo
La suocera e la nuora, è attraversata da una serie di contrasti che, invece di comporsi in lieto fine, come normalmente accade nel teatro goldoniano, restano aperti, irrisolti.
Testo tra i meno frequentati del genio veneziano, è perciò la prima delle sue commedie a trasmetterci il senso di una crisi imminente. Crisi che solo apparentemente coinvolge le componenti femminili della "famiglia", la suocera Isabella e la nuora Doralice, ma in realtà rappresenta uno scontro tra due mondi: l'aristocrazia, di cui si percepisce tutta l'inanità, e la borghesia, forte di un potere economico sempre più solido, ma che esita a prendere saldamente in pugno la situazione, perché non ancora perfettamente consapevole di sé.
Momenti di cambiamento epocale che Goldoni affronta con mano leggera perché, come sottolinea ancora Pasqual,
«i grandi (Beckett in Aspettando Godot, Cechov ne Il giardino dei ciliegi, Verdi nel Falstaff) non sono mai solenni, né pedanti. Loro sanno della leggerezza della vita e la spiegano con un sorriso lieve, non teso come può essere una risata. La famiglia dell'antiquario è appunto un'opera leggera come il fumo e delicata come una ragnatela. Goldoni la colloca in una lontana Palermo, che è come dire Venezia. E i suoi personaggi sono più veneziani dello stesso Rialto, tutti toccati dalla stessa luce del miracolo e avvolti dalla stessa acqua che li riflette».
Impalpabile anche il plot, riassunto da Pasqual con pochi tocchi: «
Un lunatico collezionista di "anticaglie" e suo figlio, una contessa che non va d'accordo con la nuora, figlia di un bottegaio danaroso che finirà per mettere ordine nella casa, una coppia di amici che aiutano a ingarbugliare "la pièce" e tre maschere che sopravvivono come possono approfittando della follia generale. Tutto qui. Eppure ecco davanti a noi un intero universo. E vita. Tonnellate di vita in forma di teatro».
(21 aprile 2009)