Da mercoledì 7 a domenica 18 gennaio all’Ambasciatori il Teatro Stabile di Catania presenterà, all'interno della rassegna Echi del novecento e dintorni, lo spettacolo teatrale Porcile di Pier Paolo Pasolini, una produzione Teatro di Roma. La regia è di Massimo Castri, le scene e costumi sono di Maurizio Balò. Interpretano: Paolo Calabresi, Corinne Castelli, Milutin Dapcevic, Ilaria Genatiempo, Miro Landoni, Mauro Malinverno, Antonio Peligra.
Faro della cultura del Novecento, Pier Paolo Pasolini è stato poeta, scrittore, drammaturgo, regista cinematografico, un pensatore che, con estrema acutezza intellettuale, ha saputo dissezionare fino alle radici la società degli anni Sessanta e Settanta. Con la pubblicazione del “Manifesto per un nuovo teatro” nel 1968 pone le basi della propria poetica nell’ambito della drammaturgia.
Pasolini ha affrontato anche nella propria produzione per la scena la complessità degli interrogativi esistenziali e ideologici. Prende posizione contro il teatro borghese così come contro il teatro antiborghese, troppo spesso conformista nella volontà di anticonformismo. La sua è la strada del “teatro di parola”, antinaturalistico, centrato sul senso delle idee, della riflessione critica.
In questa visione nasce il capolavoro Porcile, parabola grottesca del conformismo rivoluzionario, dello scontro di classe nel periodo delle rivolte studentesche. Il testo, dal quale Pasolini ha realizzato il film nel 1969, è uno scorcio crudele e impietoso dei valori illusori che animano la società neocapitalistica piccolo borghese.
Pier Paolo Pasolini ebbe occasione di rievocare all'italianista francese Jean-Michel Gardair, in un'intervista pubblicata il 13 novembre 1971 dal "Corriere del Tirreno", la genesi delle sei tragedie -di cui Porcile- che costituiscono l'intero suo corpus teatrale: "Nel '65 ho avuto l'unica malattia della mia vita: un'ulcera abbastanza grave, che mi ha tenuto al letto per un mese. Durante la prima convalescenza ho letto Platone ed è stato questo che mi ha spinto a desiderare di scrivere attraverso personaggi. Inoltre, in quel momento avevo esaurito una mia prima fase poetica e da tempo non scrivevo più poesie in versi. Siccome queste tragedie sono scritte in versi, probabilmente avevo bisogno d'un pretesto, di interposte persone, cioè di personaggi, per scrivere versi." E aggiungeva: "Ho scritto queste sei tragedie in pochissimo tempo. Ho cominciato a scriverle nel '65 e praticamente le ho finite nel '65 Soltanto che non le ho finite. Non ho finito di limarle, correggerle, tutto quello che si fa su una prima stesura. Alcune sono interamente scritte, tranne qualche scena ancora da aggiungere. Nel frattempo sono diventate un po' meno attuali, ma allora le odo come cose quasi postume”.
(07 gennaio 2009)