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Il Consiglio d’Egitto

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Lunedì 21 aprile alle 20: 30 al Teatro Musco la commedia di Sciascia conclude il ciclo “Le commedie da videovedere”. Ingresso libero fino ad esaurimento posti

Turi Ferro

Lunedì 21 aprile alle 20: 30 al Teatro Musco, si conclude il ciclo Le commedie da videovedere, con la proiezione della messinscena della commedia di Leonardo Sciascia: Il Consiglio d’Egitto. L' ingresso è libero fino ad esaurimento posti. Indimenticabile l’interpretazione di Turi Ferro nel ruolo dell’Abate Vella, protagonista dello spettacolo Il Consiglio d’Egitto, durante  allestimento del Teatro Stabile di Catania che ha fatto storia nell’ambito del panorama teatrale nazionale, esaltando lo spirito di uno dei più bei romanzi di Leonardo Sciascia. Un successo sancito già al debutto, avvenuto al Verga il 3 novembre 1995, ad inaugurazione della stagione.
Il filmato della messinscena viene ora proposto al pubblico quale appuntamento conclusivo del ciclo Le commedie da videovedere, iniziativa voluta dal direttore artistico Giuseppe Dipasquale per consentire agli appassionati di accedere al prezioso archivio video dello Stabile etneo. Alla fine della proiezione verranno sorteggiate due copie del volume, riccamente illustrato, Turi Ferro. Il magistero dell'arte  firmate da Sarah Zappulla Muscarà e Enzo Zappulla, edito con il patrocinio della Presidenza della Provincia Regionale di Catania. Un dono destinato al pubblico del Teatro Stabile dagli stessi autori, che guidano da anni con straordinari riscontri l'Istituto di Storia dello Spettacolo Siciliano.

Con Il Consiglio d’Egitto lo Stabile catanese proseguiva nella sinergia stretta con Sciascia per un teatro dai forti contenuti ideali e civili, come era già avvenuto, ad esempio, con Il giorno della civetta. Un progetto che si fondeva con quello ancora più ampio di valorizzare la letteratura siciliana, da sempre cifra identitaria distintiva dell’istituzione. La messinscena del testo prende le mosse dall’adattamento teatrale di Ghigo De Chiara, che è alla base del superbo allestimento firmato per la regia da Guglielmo Ferro, per le scene da Stefano Pace, per i costumi da Françoise Raybaud, per le musiche da Massimiliano Pace.
Accanto a Turi Ferro una compagnia numerosa e di altissima qualità. Artisti già allora famosi si affiancano a giovani destinati a brillanti affermazioni e oggi beniamini del pubblico. Un lungo elenco che annovera, tra gli altri, Tuccio Musumeci, Mariella Lo Giudice, Miko Magistro, Anna Malvica, Marcello Perracchio, Piero Sammataro, Franco Diogene, Armando Bandini, Angelo Tosto, Fulvio D’Angelo, Giacinto Ferro, Ileana Rigano, Agostino Zumbo, Gianfranco Alderuccio, David Coco, Emanuela Di Martino, Sara Emmolo, Gaetano Lizzio, Toni Lo Presti, Rosario Minardi, Emanuele Puglia, Elena Ragaglia, Giovanni Rizzuti, Sergio Seminara, Salvatore Valentino.

«Il capolavoro di Sciascia - sottolinea il regista Guglielmo Ferro nelle note di sala dell’epoca - è una sorta di grande allegoria che, partendo da fatti realmente accaduti nella Sicilia della fine del XVIII secolo, si apre in un grande affresco nel quale prendono corpo i sentimenti estremi dell’Isola: verità tanto estreme da divenire menzogne, scissioni quasi ineluttabili di mondi apparentemente inconciliabili, ma che in realtà si sovrappongono in un unico, indissolubile, universo. Un universo nel quale tornano le antiche inquisizioni, gli antichi processi, senza più differenza o importanza tra un prima e un dopo, senza che cambi nulla, tranne la superficie delle cose, la loro crosta esteriore. L'unico che sovverta quest'ordine immutabile è l'artefice della Grande Impostura, l'Abate Vella, il quale, mentendo, crea paradossalmente l'unica dimensione di verità. Così è la menzogna, è la "favola" che lo libera alla fine attraverso la creazione di una Storia diversa da quella scritta sui libri».

Il personaggio è affidato al titanico talento di Turi Ferro. Vella ritaglia con l'accuratezza di un miniatore parti di un codice differente da quello reale, le fregia di sogni e di intuizioni, e chiuso in sé, nel suo antro di alchimista, dà vita alla sua Magna Opera. Una Magna Opera della quale lui, da oniromante e cabalista del popolo, si trasforma in svelatore di un sogno più grande, immenso e meraviglioso; qualcosa che mutando l'ordine costituito, ne mina le fragili fondamenta. Poco importa se questo troverà riscontri in ciò che accadrà, visto che, in ogni caso, qualcosa è cambiato. «La vita è davvero un sogno: l'uomo vuole averne coscienza e non fa che inventare cabale; ogni tempo la sua cabala, ogni uomo la sua».

(21 aprile 2008)

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