Domenica 9 marzo alle 18 al Museo del Giocattolo (Palazzo Bruca, via Vittorio Emanuele 201), l' Associazione Erbematte presenta Okkio per Okkio Sessantaquakkio di Gabriella Ciancimino, a cura di Alessandra Ferlito.
"Okkio per Okkio Sessantaquakkio, può sembrare un titolo pezzame da zero cash, ma in realtà anche lui fa parte del gioco e -non per fare la playerotta- ma penso che spakki e che sia il titolo più adatto alla situa. L'azione è un pretesto per far entrare gli spettatori dentro il lavoro, per metterli in discussione e fargli vincere le proprie fakeness.. anche quella di essere blastati.. In altre parole, ognuno può giocare con la propria knowledge, quella che viene dal proprio background culturale e sociale".
Negli ultimi decenni, in maniera molto più evidente e capillare rispetto al passato, di pari passo con la velocissima evoluzione tecnologica e grazie alla -sempre crescente- diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, si è assistito al mutamento continuo e vorticoso subìto dalla nostra lingua. Tanto che il web, oggi, offre un'ampia scelta in fatto di dizionari di slang on line, aggiornati quotidianamente dagli stessi giovani che, di questi nuovi idiomi, sono gli autori. Una sorta di smania creativa (storicamente) dovuta alla necessità di prendere le distanze dall'establishment dei benparlanti.
Da queste considerazioni prende spunto Okkio per Okkio Sessantaquakkio, l'ultimo progetto di Gabriella Ciancimino (Palermo, 1978) che, da anni, presta molta attenzione alla sperimentazione artistica volta all'analisi delle problematiche che stanno alla base della comunicazione tra gli individui. In questo caso la riflessione dell'artista verte sull'utilizzo, in pubblico, di un codice linguistico creato con funzione criptica, appositamente studiato per mantenere una conversazione incomprensibile agli altri.
L'intera azione si svolge attorno al tabellone dello Scarabeo, famoso gioco da tavolo, assunto dall'artista quale piattaforma aperta all'intervento di tutti coloro che vogliano mettersi in gioco e sperimentare le proprie capacità comunicative. Tema centrale dell'azione, nonché unica nota di differenziazione rispetto al gioco originario, è l'uso dello slang, quello che Antonio Brocadoro, nel 1545, definì "parlar furbesco". Se il riferimento più immediato risiede nel gergo usato dai writer, come in quello diffuso dalla sub-cultura urbana hip hop - che vede nell'improvvisazione il requisito principe del momento creativo-, oggi (più genericamente) è la lingua dei giovani - tutta - a costituire il primo esempio di linguaggio gergale. E anche se le parole in ogni slang hanno vita breve e cambiano rapidamente, esse lasciano il segno e caratterizzano intere generazioni.
Per info: www.erbematte.net
(09 marzo 2008)