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Giornata di studio in memoria di Arcangelo Blandini

Giovedì 6 dicembre alle 9.30, al Refettorio piccolo del Monastero dei Benedettini, si apre la giornata di studio dedicata al poeta catanese

Giovedì 6 dicembre alle 9.30, alle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero (Refettorio piccolo del Monastero dei Benedettini) si apre la Giornata di studio in memoria di Arcangelo Blandini. Arcangelo Blandini : la sua poesia, il suo tempo. L'incontro è organizzato dal Dipartimento di Filologia Moderna dell'Università di Catania e dall'associazione culturale Romeo Prampolini.
Dopo i saluti del rettore dell'Università di Catania e della direttrice delle Biblioteche riunite Civica e Ursino Recupero, Rita Carbonaro, interverranno i docenti Giuseppe Dolei, direttore del Dipartimento di Filologia Moderna, Nino Borsellino (Università La Sapienza - Roma), Giuseppe Savoca (Università di Catania). A coordinare gli interventi sarà la prof.ssa Rosa Maria Monastra (Università di Catania).

Nel pomeriggio, a partire dalle 16.30, i lavori si sposteranno alla Libreria Prampolini (via Vittorio Emanuele 333). Interverranno i docenti dell'Università di Catania Giuseppe Dolei, Rosalba Galvagno e Massimo Schilirò. Seguirà un intervento musicale coordinato dal maestro Pietro Cavalieri, voce recitante Gianni Salvo.

La biografia. Poche le notizie intorno ad Arcangelo Blandini, che non amava parlare di sé. Nato a Catania il 31 ottobre 1899, compì gli studi universitari di Lettere nella sua città ed ebbe l’affettuosa stima di maestri come Vincenzo Casagrandi e Luigi Sorrento. Dopo una lunga dimora a Parigi e un anno d’insegnamento a Venezia (’24 –‘25) dove conobbe Enrico Turolla e gli si legò di amicizia, dedicò alcuni anni alla sua proprietà agricola di Palagonia (in provincia di Catania).
Trasferitosi a Roma, fu redattore di Quadrivio. Gli furono amici carissimi, tra gli altri, Anthos Ardizzoni, Carlo Bernari, Stefano Bottari, Luigi Diemoz, il pittore Franco Gentilini, Aurelio Navarria, Nino Savarese.
Collaborò al Lunario Siciliano di Francesco Lanza e a Circoli, ma con molta discrezione, soltanto perché insistentemente invitato. Nel ’32 pubblicò un volumetto di poesie (ed. Scheiwiller), di cento esemplari numerati. Nel ’37 si dimise dalla redazione di Quadrivio, per non accertar l’obbligo dell’iscrizione al Partito Nazionale Fascista.
Da allora visse a Catania e a Palagonia, tra gli studi, la poesia e il lavoro, in una solitudine appena interrotta da alcuni amici più giovani, da un giro della Sicilia in automobile e da un altro viaggio a Parigi dove posò una rosa sulla tomba di Baudelaire e visitò il Bois de Boulogne guidato dallo stesso Direttore, M. Andrè Leroy.

Vitaliano Brancati in data 1950 ha lasciato di lui questo ritratto (nel Diario romano, pag.209. ed. Bompiani): «Al caffè “Italia” di Catania si riunivano, dal ’44 al ’46, alcune persone di rara qualità. Il palazzo, di cui questo caffè è una bottega, chiude, col suo fianco, lo spazio in cui la via Etnea è venuta ad allargarsi e ridà, con la sua facciata, forma e dimensioni di corso a questa bella strada che era per finire in una piazza. Attraverso l’unica vetrina, pioveva nell’interno del caffè, specie nelle giornate di gennaio e febbraio il più bianco sole che vanti la Sicilia. I discorsi si accendevano mitemente al calore di questo sole o divampavano con fracasso di rovina. Non so quanti intellettuali possegga l’Europa, che abbiano la purità di A.B.: se fossi un grande poeta, mi basterebbe, per cinquant’anni, di venir letto soltanto da lui. La sua ripugnanza alla pubblicità, ai complimenti dei lettori e dei critici, l’ha fatto vivere per anni rintanato in una casetta di Catania, fra vecchi alberi, cespugli incolti e rustiche terrazze attraversate da gatti: questa ripugnanza gli si è talmente incarnata nei nervi che egli sente un direttore di giornale o un editore come un ermellino sente il cacciatore armato. Qualunque persona è in grado di fargli passare una penosa notte proponendogli la pubblicazione dei pochi versi che egli ha scritto in tutta la sua vita. Questi versi, io li conosco in parte, e non voglio giudicarli… ma come non dire che egli possiede un po’ di quel “soavissimo olio” del quale sono unti i versi del Petrarca e del Leopardi? (So che, pubblicando queste mie parole, perdo la sua amicizia; ma non è la prima volta che, fra un amico e la verità, scelgo la verità). Sotto il regime fascista, egli visse in disparte, accordando non so in quale modo, la dolcezza estrema del suo carattere e l’odio per le cose che gli stavano attorno; e poiché per rendere alcuni contrasti le espressioni più serie sono i giuochi di parole, dirò che egli si amareggiò sino al limite della sopportazione, ma non finì mai di essere il più dolce uomo di questa terra. Trascorreva intere giornate sdraiato sul letto, con un libro sulle ginocchia, e riconosceva nel vento che aveva cambiato direzione la nuvola ch’era passata poco avanti, e ora tornava a passare . E’ superfluo dire che il suo nome non è registrato nell’elenco degli iscritti al fascio né fra i componenti le accademie . E nondimeno, caduto il fascismo, quando insieme ai coraggiosi, molti stupidi e molti inetti alzarono la voce, egli abbassò la sua a tal punto che un mio caro amico di settant’anni leggermente sordo dall’orecchio destro (Francesco Guglielmino, grecista e già professore di Brancati al liceo e poi all’Università), mi domandò un giorno rannuvolato se B. non parlasse così piano per scoraggiare lui dal venire a quel caffè . Catania non sapeva nulla, o sapeva poco, di questi uomini che si riunivano al caffè “Italia”, e i cui discorsi, anche i meno curati, valevano più dei romanzi e dei poemi che la città fabbricava, e fabbrica, in abbondanza per la penna dei suoi figli più rumorosi».

Eppure nel ’60, per iniziativa di Luciano Anceschi, fu pubblicata a Brescia (ed. La Nuova Cartografia), con lo pseudomino di Amelio (il filosofo solitario di Leopardi) Dini e in limitatissimo numero di copie, una scelta delle poesie inedite di Arcangelo Blandini, ed egli poi collaborò – con la solita parsimonia – a Persona con alcuni dei cosiddetti madrigali e a Le Ragioni critiche con pensieri e riflessioni di letteratura e di varia umanità, intitolati Ciniglia.
Continuò a correggere i suoi versi fino agli ultimi giorni, incontentabile, si spense a Catania il 1° gennaio 1974, serenamente, assistito dal fratello Lucio e dall’amico Ciro Fiori, medico.

(06 dicembre 2007)

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