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Silva pulcherrima latomia est

È visitabile fino a domenica 2 novembre (sala "Caravaggio", Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, piazza Duomo), la mostra documentaria sui 100 anni di teatro alla Latomia dei Cappuccini, a cura di Francesca Castagneto e Vittorio Fiore (Scuola di Architettura di Siracusa)

È visitabile fino a domenica 2 novembre, nella sala "Caravaggio" della Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa (piazza Duomo), la mostra documentaria Silva pulcherrima latomia est sui 100 anni di teatro alla Latomia dei Cappuccini, a cura dei docenti Francesca Castagneto e Vittorio Fiore della Scuola di Architettura di Siracusa.

Attraverso una ricerca d’archivio, la mostra cronologicamente restituisce molti degli eventi che hanno avuto luogo nella Siva, portando alla costruzione prima di un piccolo teatro in grotta e poi del Teatro di Verdure nel 1954, che consentiva un maggiore afflusso di spettatori. Entrambi utilizzavano meravigliose skenè naturali, di suggestiva bellezza, gli stessi scorci che avevano suscitato in passato l’attenzione di viaggiatori che dai disegni di viaggio trasse spunto proprio per le scenografie di opere liriche nel 1815 (“Il flauto magico” di Mozart e "Alceste” di Gluk, con libretto da Euripide-Alcesti). 

La mostra è suddivisa in due sezioni tematiche: la prima riguarda il luogo dall’origine al suo abbandono (le antiche cave di origine greca dalle quali furono costruiti tutti i templi e i monumenti della Siracusa) e i luoghi teatrali, dai progetti, alla scoperta della sua valenza teatrale alle tecniche costruttive adottate per costruirne gli accessi e dotarlo di servizi. La seconda sezione contiene testimonianze degli spettacoli che si sono avvicendati tra il 1914 e il 2014.

L’invaso utilizzato per il teatro di verdura è quello sottostante la Villa Politi, altro tassello fondamentale nella storia del sito, il cui giardino si inoltra sullo sperone roccioso che sovrasta la cavea teatro, costituendone quasi un immaginario “loggione”. La forma dello spazio (alte pareti rocciose media 16,50m; 67m x 24 m) e l’andamento del terreno in lieve pendenza consentì l’opportunità di modellare una gradinata (pedata di 80 cm con 40 alzate di 9 cm di altezza) rivestita in travertino, dove troverà posto una platea di spettatori accomodati su batterie di sedioline in ferro, alquanto scomode e di ridotte dimensioni, quasi a perseguire le volontà di molti teorici del teatro del ‘900 secondo i quali lo spettatore deve essere sistemato non troppo comodamente, in modo che non cali la sua attenzione. Il palcoscenico realizzato in tavolato ligneo è sistemato a formare una cassa armonica che trova posto in un boccascena naturale, collegato attraverso passaggi nella roccia ad una palazzina adibita in passato a camerini, realizzata in muratura portante in mattoni che, al di là dei giudizi relativi alla sua fondazione invasiva sul piano delle latomia, si innesta nelle cavità della roccia seguendone l’andamento in modo non violento, tale da rendere fruibile a chi sale al piano superiore la texture della parete rocciosa. La roccia fa da fondale insieme ad elementi vegetali, e nell’illuminazione notturna, ne esalta le asperità aumentandone gli effetti chiaroscurali, partecipando alla costruzione di una drammaturgia.

Il teatro in grotta è quasi tutto al coperto, sotto volte dalla sezione variabile che definiscono due ambienti di grande pulizia geometrica, derivanti da due volumi a pianta poligonale, uniti nella compenetrazione di due vertici, che rendono possibili due settori di posti. Il palcoscenico utilizza un salto di quota e lo regolarizza con tavolato. Sul fondo aperto verso il cielo si innalzano due quinte rocciose con varchi scavati e alberi: una scena fissa naturale di grande impatto.

Il 1914 è l’anno di inaugurazione coincidente con quello dell’avvio dell’attività dell’INDA al Teatro Greco; gli stessi attori portarono in scena “Il carro di Dioniso” commedia satiresca scritta dal grecista Ettore Romagnoli, colui a cui, insieme al fondatore Tommaso Gargallo e all’artista-scenografo Duilio Cambellotti, si deve l’attività dell’INDA e l’apertura all’uso teatrale del Teatro di Siracusa; in quell’anno si portarono avanti due operazioni: la prima ardua e estremamente contemporanea, se si pensa all’organizzazione di spettacoli in un palcoscenico enorme e privo di skenè, per il quale verranno organizzate moderne scenografie teatrali, che ricostruiscono di volta in volta i luoghi della scena greca, la seconda estremamente innovativa poiché portava lo spettacolo in un luogo non deputato.

Ma oltre agli spettacoli classici nei luoghi della classicità, il teatro all’aperto è già una forma di spettacolo che nel 900 ha la sua evoluzione, in nome di una maggiore partecipazione degli spettatori e una “caduta della quarta parete”; moltissimi i casi, a partire dai primi esperimenti portati avanti da Adolphe Appia che portò la danza sulle rive di un lago svizzero. Appia è uno dei grandi teorici della regia d’avanguardia e dalla scuola di danza di Hellerau del musicista Jaques Dalcroze, per la quale progetterà un nuovo modulo teatrale omonimo con l’ausilio del famoso, allora giovane architetto, Heinrich Tessenow, inaugurata nel 1912 per la danza ritmica, con una riduzione dell’"Orfeo e Euridice” di Gluk; è proprio da questa scuola che portò a Dresda la sua sede, che arriverà a Siracusa nel 1927 il corpo di ballo, con le coreografie di Valerie Kratina, per un evento in onore della visita di sua maestà il re d’Italia Vittorio Emanuele III. Elemento di grande rilevanza è la presenza della prima ballerina, Rosalia Chladek (famoso Sistema Chladek).

Il 1954, a quarant’anni dalla apertura del primo teatro, è ricordato come anno in cui l’apertura del teatro di Verdura concentra, in un felice momento, spettacoli di altissimo livello, con noti personaggi della scena teatrale. Le alterne vicende dipendono anche dalla disagevole accessibilità soprattutto per tutto ciò che concerne l’attrezzatura scenotecnica. 

I pannelli procedono cronologicamente attraverso un regesto dei documenti (da molteplici archivi e collezioni private) e una loro rilettura finalizzata a riscriverne la storia; articoli dell’emeroteca di Siracusa, si sovrappongono a locandine di spettacoli e a lettere dall’archivio di Stato, lo spettacolo nei sui dettagli prende forma con l’aiuto di programmi di sala e biglietti di ingresso, conservati da privati o da archivi.

Gli Anni 60 documentano tra le altre curiosità due anni di Diapason, la punta di diamante del teatro alla Latomia, evento canoro che vede nella latomia gli artisti più noti del periodo, tanto da indurre la RAI a registrarne una trasmissione per due anni consecutivi (‘68 e ‘69), di cui in mostra alcuni filmati inviati direttamente dalle Teche RAI. Questi si accompagnano a recensioni su giornali e a foto di scena messe a disposizione dall’Archivio Storico Maltese.

Infine LatomiArte è la rassegna che l’ideatrice della mostra, Franca Maria De Monti cura da quasi dieci anni, portando in questa realtà ipogea spettacoli ed esponenti del mondo dell’arte e della cultura, tutti impressionati da questo luogo magico, fuori dalla realtà, dove la violenza della roccia e della luce, vengono stemperate dalla lussureggiante vegetazione a cui dedicano tanto spazio le cronache dei viaggiatori e gli studi più recenti di botanica.

Chi visiterà la mostra potrà completare con la visita alla latomia, della quale potrà immaginarla nel pieno dell’attività teatrale.

(30 agosto 2014)

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