Martedì 29 gennaio alle 17, nell'aula magna "Santo Mazzarino" del Monastero dei Benedettini, sarà presentato il libro dello storico Francesco Benigno "Terrore e terrorismo - Saggio storico sulla violenza politica".
Dopo i saluti istituzionali del direttore del Disum, Marina Paino, Lina Scalisi, docente di Storia moderna al Disum, inviterà gli ospiti - Mario Barresi, giornalista de La Sicilia, Carlo Colloca, docente di Sociologia dell'ambiente e del territorio al Dipartimento di Scienze politiche e sociali, e Pinella di Gregorio, docente di Storia contemporanea al Dsps, a dialogare con l'autore sul tema affrontato nel volume.
Francesco Benigno contesta, ricorrendo alla storia, il comune approccio al terrorismo quale strumento per la creazione del terrore, deliberata volontà di diffondere terrore colpendo la popolazione inerme considerata nemica.
La produzione di terrore non è stata infatti storicamente l’unica dimensione del terrorismo e anzi esso può essere meglio compreso come la costruzione di un evento clamoroso, capace di risvegliare le masse dal loro sonno politico, qualcosa che «parla» anzitutto al popolo e che gli anarchici chiamavano propaganda col fatto. Allo stesso tempo però la storia ci insegna che il terrorismo è anche una tecnica bellica usata in tempi di pace, la continuazione della politica con mezzi esplosivi. In questo senso esso è quindi uno spazio di opportunità aperto ad una pluralità di attori, statali e non statali, che usano il terrore (e il contro-terrore) come strumento di politica interna e internazionale.
Secondo l'autore vi sono elementi di notevole continuità tra il terrorismo come lo conosciamo oggi e la concettualizzazione tradizionale dell’azione rivoluzionaria, in specie anarchica. Ieri come oggi, infatti, e malgrado le apparenze, essa si rivolge non tanto alla popolazione della nazione da colpire ma a un proprio popolo, ad una propria comunità. Gente che va richiamata alla lotta e a cui occorre dimostrare che vincere è possibile, che il debole può sconfiggere il forte. Che la Causa trionferà a patto che altri prendano in mano il testimone lasciato da quella avanguardia che, a rischio o sacrificio della propria vita, ha osato l’inosabile. L’atto «terroristico» non è dunque messo in atto col tentativo primario di terrorizzare ma con quello di conquistare i cuori e le menti di un popolo considerato oppresso, quello con cui si identifica il gruppo autore dell’atto, che attraverso esso combatte anche una sua particolare battaglia per la primazia nel suo schieramento, per essere identificato come il principale portabandiera della propria Causa. Lo scopo del gesto «terroristico» è, in altre parole, quello di delinea- re, attraverso un’immagine polarizzata sull’asse noi-loro, lo scenario di una guerra, definita in termini assoluti come lo scontro tra il bene ed il male. Francesco Benigno dà corpo e sostanza in modo brillante a questa tesi storiografica conducendo il lettore tra epoche molto diverse: dal Terrore della rivoluzione francese alle bombe anarchiche, dal populismo russo alla Guerra fredda, dagli anni di piombo all’11 settembre.
(29 gennaio 2019)