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Le storie salvano la vita?

Venerdì 14 settembre alle 19, nella sede dell'associazione culturale Romeo Prampolini, la prof.ssa Rosa Maria Monastra presenta il libro di Luisa Adorno e Maria Pia Simonetti
Venerdì 14 settembre alle 19, nella sede dell'associazione culturale Romeo Prampolini (via Vittorio Emanuele 333), si presenta il libro “Le storie salvano la vita?” (Mavida Editore). Il commento è a cura di della docente Rosa Maria Monastra, ordinario di letteratura italiana e sociologia della letteratura alla facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'Università di Catania. Saranno presenti le autrici Luisa Adorno e Maria Pia Simonetti.

Le storie salvano la vita
Memoria, responsabilità, reinserimento


Nel 2000, l'Instituto Histórico de la Ciudad de Buenos Aires promosse una ricerca sulla storia della bidonville Bajo Flores (quartiere periferico della zona sud di Buenos Aires) fondata anche sulle testimonianze orali degli abitanti. Fu un lavoro lento e profondo, che comportò un intenso rapporto sia con la popolazione sia con le istituzioni del quartiere, le mense, le chiese, i delegati, l´asilo, il centro di abilitazione e la scuola e che produsse la pubblicazione di un numero monografico della rivista Cronista Mayor.
Ne nacque un evento culturale che provocò un´eco nei mezzi di comunicazione di massa e una positiva ricaduta sul quartiere abituato ad essere rappresentato in cronaca nera secondo lo stereotipo “violenza e ignoranza”. Per questo nel 2004 l’Instituto propose un nuovo impegnativo progetto che, partendo da quella prima esperienza, portasse a risultati più duraturi.

Il progetto prevedeva la formazione di giovani operatori di comunità, che diventassero a loro volta formatori mediante un corso biennale di professionalizzazione e promozione della loro autonomia. Si trattava di creare, con il coordinamento di docenti e ricercatori dell´Instituto Histórico, un luogo di ricerca di storia orale che coinvolgesse la scuola “Carlos Geniso” e la comunità di quartiere Bajo Flores. La ricerca, svolta in orari extrascolastici da un’équipe di dieci studenti ed ex studenti incentivati da un compenso mensile equiparabile a una borsa di studio della durata di due anni scolastici, è partita nell’agosto del 2004 e si è positivamente conclusa nel 2006.
Oggi i ragazzi, divenuti formatori, stanno seguendo un altro gruppo di 10 giovani strappati così alla disoccupazione e alla deriva di violenza del quartiere.
Si è creato così uno spazio non escludente dove condurre la ricerca di una storia e di una identità comuni nel rispetto dei diversi percorsi individuali. L’obiettivo è sviluppare operazioni di riappropriazione simbolica del sistema comunità tramite la memoria e la parola, unica ricchezza delle persone e delle popolazioni sradicate.
Inoltre la raccolta delle testimonianze e la costruzione di un archivio da parte dei giovani, favorisce il loro processo partecipativo in un contesto dove invece esclusione, diserzione ed espulsione dal sistema educativo ubbidiscono a processi di disgregazione ed emarginazione sociale. Per contrastare questi processi è necessario un reinserimento simbolico, un ripristino dei sistemi di identificazione lesi, attraverso la riappropriazione delle singole storie.
Sono storie che parlano di esclusione socioeconomica, di rotture, perdite, disoccupazione, discriminazione e segregazione. Storie di persone provenienti da zone culturali e geografiche distanti: lo sradicamento in molti casi li ha privati della loro lingua, dei modelli culturali e dei rapporti familiari. Così i barrios sono diventati sempre più violenti e i giovani sono prima oggetto e poi soggetti di questa violenza. Molto spesso ad esempio manca ai ragazzi di questi quartieri una figura paterna e, una volta cresciuti, saranno a loro volta facilmente padri che abbandoneranno i propri figli. La sensazione di essere irrilevanti, privi di valori apprezzati socialmente, fa sì che questi ragazzi si sentano importanti solo se protagonisti di azioni violente.
Riscattare la storia orale della comunità, lavorare sulla sua identità risulterà benefico anche per questi nuovi orfani. Infine un lavoro promosso dalla scuola e dalla comunità come luoghi di contenimento e orientamento, che includa attivamente i giovani e faccia affidamento sulle loro capacità e risponsabilità, contribuirá fortemente sia alla loro autovalutazione sia alla rivalutazione del contesto scolastico e comunitario.

Questo progetto è stato presentato a ottobre 2004, a Torino, nel corso dell’appuntamento biennale con la rassegna di cultura ebraica “Arcastella” dedicata per quella edizione alle comunità diasporiche in Argentina.
Numerosi scrittori italiani (Erri DeLuca, Luisa Adorno, Dacia Maraini, Marosia Castaldi, Aldo Zargani, Mariangela Sedda, Laura Pariani, Lia Levi, Maria Pia Simonetti, Moni Ovadia) hanno deciso di sostenere l’iniziativa regalando un racconto sul tema “Le storie salvano la vita?”. I diritti dell’antologia vanno interamente al progetto Bajo Flores.

(14 settembre 2007)

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