Giovedì 15 settembre alle 18:30, alla Galleria Roma di Siracusa, Salvo Sequenzia presenterà il libro del poeta Enzo Giudice Il Figlio del Diluvio, ritorno alla poesia di Enzo Giudice.
Ritornare alla poesia di Enzo Giudice. Ad Ortigia, dove il poeta floridiano prematuramente scomparso quattordici anni fa visse e compose i suoi versi più belli ed amari, vagando tra i vicoli della Giudecca «accattone di sogni e di parole». Un ritorno che propizia una lettura nuova dell'opera del Nostro, la cui indagine critica rimane sempre aperta per l'innumerevole quantità di inediti che il poeta ha lasciato e che, periodicamente, affiorano, portati alla luce dalle inesplicabili correnti della vita. Il poeta Enzo Giudice, fu uomo fedele ai suoi e agli amici, buon lettore, curioso di esperienze, gran viaggiatore inquieto e disperato, raffinato animatore culturale in quella cerchia di intellettuali siracusani che si radunava, negli anni post-bellici, nella Bottega Margutta di Castorio Di Tommasi attorno a Piero Fillioley, a Dino Cartia, a Mario Zammararo, ai fratelli Formosa. L'apprendistato letterario di Enzo Giudice si consuma a metà tra gli anni Sessanta e Settanta in interventi giornalistici di costume e di cronaca, in recensioni e appunti culturali sui rotocalchi aretusei l'Eco di Sicilia, La Domenica, Edizioni Pentapoli.Con Il figlio del diluvio, prefato da Mario Zammarano, la poesia di Enzo Giudice svela subito e per intero la sua appartenenza a quel «sesto continente del pianeta piccolo e clandestino» che è la Sicilia, a quella Sicilia che è insieme terra di miti e luogo di contraddizioni profonde, ove le urgenze esistenziali e le ansie speculative si compongono, variamente ibridate o bruciate, entro immagini reali o astratte. La scrittura che emerge da simile entroterra è una scrittura che privilegia le dicotomie e le costanti polarità, cui non si sottrae il nostro autore, nei cui versi si fissano attaccamento alla vita e senso di morte, ansia conoscitiva e tentativi di fughe nel passato, gusto della natura e memoria di ombre. Con gli scrittori siciliani del primo e del secondo Novecento, Giudice condivide una profonda spinta contestativa alla propria realtà che, se in alcuni si è espressa in un reale andare via - nella fuga verso il nord - nel nostro si consuma tra tentativi "reali" di fuga, viaggi disordinati in Italia e all'estero, e in immaginari piani di fuga nei quali dislocare una personale ed utopica ricerca di "altro". Ma alla spinta centrifuga e al desiderio di sconfinamento dal reale si oppone una tendenza centripeta in cui si esercita e si manifesta il controllo del logos sugli impulsi dell'anima...(Salvo Sequenzia)
(15 settembre 2011)