Dal 28 giugno al 10 luglio alle 20:45, al Cortile Platamone di Catania, andrà in scena Amleto in trattoria di Achille Campanile. E' una produzione Teatro Stabile di Catania.
Battute sagaci e paradossali, fra sense e nonsense caratterizzano la nuova, prestigiosa produzione siglata Teatro Stabile, che sarà allestita al Cortile Platamone grazie alla sinergia stretta con il Comune di Catania. La programmazione prevede la seconda tranche, dal 28 giugno al 10 luglio. Sul palcoscenico en plein air autentici beniamini del pubblico: Pippo Pattavina, Mimmo Mignemi, Angelo Tosto, e ancora Barbara Gallo, Rossana Bonafede, Alessandro Idonea. Scene e costumi sono firmati da Dora Argento, le luci da Franco Buzzanca.
Lo spettacolo si inserisce coerentemente nel cartellone impaginato dal direttore Giuseppe Dipasquale sul leitmotiv “Il tempo della musica”, metafora emblematica per indicare che in tempi di crisi i messaggi vengono meglio veicolati attraverso moduli e linguaggi universali. E Amleto in trattoria tratteggia con ironia il “dilemma” della contraddittoria condizione esistenziale attraverso una virtuosistica ballata di incalzante comicità. Un crescendo ed intrecciarsi di doppi e tripli salti mortali verbali.
«In situazioni di difficoltà - sottolinea il regista Francesco Randazzo - proporre a teatro Achille Campanile, uno degli intellettuali più geniali del secolo scorso, è un raffinato appello a guardarsi, aprendo, con l'acuto bisturi del linguaggio, gli sterminati spazi dell'idiozia umana, a sorvolare burlescamente sulle dichiarazioni di presunte verità, a scompaginare la logica del buon senso e del sentimento tradizionalista, a schizzare avanti con l'intelligenza che si risveglia grazie all'uso parossistico, esagerato del ragionamento e delle situazioni. Fino al tripudio di una stupidità rivelata, che stimola al riso o al sorriso».
Scrittore di narrativa e di teatro, giornalista e critico televisivo, Achille Campanile ha percorso quasi tutto il Novecento, dagli esordi, negli anni Venti, sino alla fine degli anni Settanta, rappresentando e interpretando, sempre in modo ironico, il costume e l'essenza stessa della nostra società. Tra le numerose e fortunate prove letterarie ricordiamo “Se la luna mi porta fortuna” (1927), “La moglie ingenua e il marito malato” (1941); per il teatro, tra le tante, le celebri “ Tragedie in due battute ” (1978).
Quando gli si chiedeva come fosse nata la sua vocazione d’umorista, amava ricordare sempre un episodio personale. «Io credo – spiegava - sia stata soprattutto una rivincita. Mio padre, che lavorava nel cinema muto, mi portava spesso con sé, facendomi conoscere grossi personaggi: Lucio D’Ambra, Fausto Maria Martini, Pirandello... Ero timidissimo, non riuscivo a spiccicare parola. Dopo quegli angosciosi incontri mi diceva: “Ma perché fai queste figure da cretino? Dì almeno una battuta, una frase spiritosa”. Io pensavo: me ne vengono in mente tante, ma non ho il coraggio di dirle... le scriverò; vedrete se non sarò capace di scriverle. Così sono diventato umorista».
Infoline: 095-7310888
(28 giugno 2011)