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Cimap. Cento Italiani Matti a Pechino

Mercoledì 9 giugno alle 15, nell'Auditorium del Monastero dei Benedettini, si svolge la presentazione in anteprima nazionale del film-documentario di Giovanni Piperno

Mercoledì 9 giugno alle 15, nell'Auditorium del Monastero dei Benedettini, si svolge la presentazione in anteprima nazionale del film Cimap. Cento Italiani Matti a Pechino del regista Giovanni Piperno. Il film documenta il viaggio in treno da Venezia a Pechino organizzato nell’agosto del 2007 dall'associazione Anpis e dal movimento Le parole ritrovate, per combattere il pregiudizio che ancora soffoca la possibilità d’integrazione e di cura dei malati mentali.

Dopo i saluti del direttore generale Asp di Catania Giuseppe Calaciura, del preside della facoltà di Lingue e Letterature straniere Nunzio Famoso, del presidente dell’Ordine degli Psicologi Paolo Bozzaro, del direttore sanitario dell'Asp Domenico Barbagallo, si aprirà l'incontro, coordinato da Roberto Pezzano, nel corso del quale protagonisti saranno gli stessi i viaggiatori.

Alle 16:45 è prevista la presentazione del film Cimap a cura di Giovanni Piperno e Tatiana Vecchio. Seguirà una tavola rotonda alla quale partecipano il direttore della scuola di specializzazione in Psichiatria Eugenio Aguglia, il capo settore Salute mentale Tommaso Federico, l'esperto di Storia del cinema Sebastiano Gesù, il responsabile dell'unità operativa Territorio e Salute mentale MDSM Carmen Paci, il preside della facoltà delle Arti e della Comunicazione dell’Università di Enna Liborio Termine.

Note di regia. Nell’agosto del 2007, l’associazione Anpis e il movimento Le parole ritrovate, entrambi in prima linea nell’affrontare la malattia mentale all’interno del servizio sanitario pubblico italiano, hanno dato vita ad un evento straordinario. Per combattere il pregiudizio che ancora soffoca la possibilità d’integrazione e di cura dei malati mentali, hanno organizzato un viaggio in treno da Venezia a Pechino: 12.000 chilometri in venti giorni con 77 malati mentali e 130 tra familiari, operatori sanitari, volontari e psichiatri provenienti da tutta Italia. In questo treno c’era un’atmosfera speciale: non sapevi mai se avevi di fronte un matto, uno psichiatra, un familiare o altro, c’era una collaborazione ed una grande voglia di conoscersi e di fare le cose assieme, si cercava di prendere le decisioni comuni con la massima democrazia possibile: una sorta di cristiano-comunismo realizzato. Noi della troupe eravamo completamente coinvolti da questa atmosfera e, per quanto ci ritagliassimo molti momenti soli con i nostri protagonisti, eravamo parte integrante dei 200 e ovviamente, vivendo tutti assieme, dopo due giorni nessuno “ci vedeva più”. Il viaggio ha in qualche modo trasformato tutti: ho potuto quindi raccontare l’evoluzione dei miei personaggi, e attraverso questa avere una metafora forte della possibilità che hanno i malati mentali - quando messi nelle giuste condizioni (non c’è niente da fare, è un luogo comune ma corrisponde alla realtà: l’amore è la migliore medicina) - di migliorare la qualità della loro vita. E, come dovrebbe accadere ogni volta che si gira un documentario, ho vissuto un’esperienza che ha cambiato qualcosa anche di me.

(09 giugno 2010)

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