Sarà visitabile
fino al 23 maggio alle 19 al Palazzo della Cultura - Ex Convento S. Placido la mostra di Giacomo Failla
Di Luce Di Colore. La mostra è a cura di Francesco Gallo, con l'organizzazione dell' Arch. Giacomo Fanale e Dietro le Quinte Arte.
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Giacomo Failla sguazza letteralmente nel colore, in un gioioso movimento verticale e orizzontale, trasversale, circolare, che gli consente di creare delle fitte tessiture tematiche, individuabili, di volta in volta, in una dilatazione del segno dominante, che diventa il diffusore di una tonalità vincente, che nella tempesta del movimentismo, del tutto contro tutto, si trasforma nel bandolo della metafora, di cui l’opera finisce con l’essere portatrice, nella sua essenzialità antropologica e culturale.
Si tratta di una bella affermazione di follia e di imprevedibilità, di un universo artistico in cui tutto sembra essere messo in questione ed in effetti lo è, come esito tempestoso e tellurico di un sommovimento che non si presta a nessuna tregua, perché esprime un bisogno profondo di specularità, per poter affermare i tormenti di una condizione esistenziale precaria, effimera, sottesa da una spettacolarità che vuole tutto e non si accontenta più della sola maschera, vuole quello che c’è dentro, vuole la vita, che spesso è sofferenza, che spesso è alienazione.
Il combattimento, psicologico, emotivo, poetico, tecnico, contro una tela bianca, sintetizza il fascino e la perversione del vuoto, a cui l’artista vuole togliere l’imperativo enigmatico che si spinge oltre il labirinto dell’universo dei segni, che non conducono da nessuna parte, perché soddisfano se stessi, in quello che appare ( ed in effetti, è) un monologo aperto all’insonnia delle notti luminose e al sogno di infiniti giorni nebbiosi.
… Ogni opera è intensamente lavorata, come se fosse rivolta ad una impossibile perfezione, che non appartiene al sublime, da qualsiasi punto lo si consideri, semplicemente perché i gesti e le parole, per quanto ricercati e elaborati, a volte, anzi, spesso, per questo motivo, sono infedeli, sufficienti a dire quello che ribolle dentro, ogni “imprevedibile” sogno di invenzione, che è fatto solo per lo sguardo, per un dialogo senza parole, che è matericamente diverso dai codici fatti per essere, decodificati, letti, compresi. (Francesco Gallo)
(10 maggio 2010)