Sarà inaugurata domenica 14 marzo, alla Fondazione Brodbeck, la personale di Diego Perrone, quarto artista ospite del progetto espositivo Fortino 1, a cura di Giovanni Iovane e Helmut Friedel.
In circa dieci anni di carriera, Diego Perrone (1970) è stato protagonista di esposizioni di grande rilievo internazionale: Manifesta, nel 2000, Lenbachhaus Monaco, la Biennale di Venezia nel 2003, il Centre Pompidou di Parigi, la Fondazione Trussardi di Milano, il Mart di Trento, il Ps1 di New York e la Biennale di Berlino. Un artista, finalmente, di difficile definizione. Perrone, infatti, sfugge ad “etichette” di facile consumo e persegue, e sperimenta, un’idea dell’arte originale e poetica. Attraverso l’uso di materiali e tecniche diverse (video, fotografia, pittura e scultura), l’artista sovrappone le immagini di persone, luoghi, animali e cose per trarne (per far apparire) relazioni ed aspetti sorprendenti ed originali. Questo processo di estrazione, apparentemente surrealista, è invece il risultato di un rigoroso e costante processo di alterazione che possiede caratteri concettuali e, insieme, sentimentali. Altro elemento che contraddistingue il lavoro di Diego Perrone, e che in un certo senso lo apparenta alla grande tradizione modernista della storia dell’arte del 900, risiede nella sua capacità di mostrare l’opera e, contemporaneamente, il processo di realizzazione. Come lo stesso artista ha affermato (a proposito di una sua scultura, “la fusione della campana”): “ E’ più interessante lavorare che finire, perché lavorando rimani in una condizione di potenzialità. La “Fusione della campana” è una rappresentazione simultanea di tre fasi di lavorazione di una campana, un procedimento tecnico che assume una forma e quasi cela la campana che dovrebbe essere immaginata al suo interno, oppure è una campana che cambia totalmente la sua forma diventando il suo processo di lavorazione, o ancora ho inventato un mostro nero che non è altro che un buco scavato nella terra che protegge al suo interno il suo cuore nero fatto di suono”. In questa dichiarazione di alcuni anni fa, si nasconde anche quella che una volta si sarebbe definita una “poetica”; una poetica particolare ove il fare, il processo artistico oltre a sovrapporre immagini scava e lascia intravedere, in fondo ad un buco (pensato, immaginato o visto), l’origine oscura. Parte centrale del progetto di Diego Perrone, sarà una serie di sculture. Tali sculture hanno origine e, nello stesso tempo, forma dall’ascolto e dalla alterazione di un suono. Un suono “inventato” paragonabile al “ricordo” di cui scriveva tempo fa il poeta Dino Campana: “Questo ricordo che non ricorda nulla è il ricordo più forte”.
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(14 marzo 2010)