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Un luogo dell'arte

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Sabato 20 giugno alle 19 alla Sala del Granaio (Modica) mostra d'arte collettiva a cura di Paolo Nifosì. Visitabile fino al 24 luglio
Franco Sarnari Sonia Alvarez - Camera ad ovest Piero Guccione - Le linee del mare e le nuvole

Sabato 20 giugno alle 19 alla Sala del Granaio (Via Clemente Grimaldi - Modica) si inaugura una mostra d'arte collettiva, omaggio agli artisti del gruppo di Scicli, a cura di Paolo Nifosì dal titolo Un luogo dell'arte. La mostra sarà visitabile fino al 24 luglio.

Esporranno gli artisti:  Sonia Alvarez, Carmelo Candiano, Giuseppe Colombo, Piero Guccione, Salvatore Paolino, Franco Polizzi e Franco Sarnari. La mostra-evento, organizzata dalla Galleria Lo Magno in collaborazione con la Fondazione Grimaldi di Modica, vuol essere un omaggio a un gruppo di artisti, il cosiddetto Gruppo (o Scuola, secondo Vittorio Sgarbi) di Scicli, che ha deciso di fermarsi in terra iblea a raccontare il territorio, divenuto oggi “Un luogo dell'arte” .
Questi artisti, ha scritto Nifosì, «hanno deciso di vivere in questa terra, allontanandosi consapevolmente dai centri normalmente deputati alla riflessione critica e al mercato, cogliendo tra i segni dei tempi quel bisogno di ritornare a vivere un rapporto più diretto con la natura, la possibilità di vivere una liturgia del giorno dai ritmi rallentati, in un luogo che cominciava culturalmente da più parti a essere percepito culturalmente denso di stratificazioni storiche, bello nell'equilibrio tra città e natura, bello nelle sue storie urbane e nella sua storia architettonica».
Come ricordava Vincenzo Consolo, questo del Gruppo di Scicli, di artisti che insieme operano, ciascuno dal proprio accento, il proprio stile, in uno stesso tempo, nello stesso luogo, il Ragusano, è un fenomeno unico, singolare: «neanche la Costa Azzurra di Cézanne di Van Gogh, di Matisse e di Picasso ha registrato un simile fenomeno».
«Non c'è nelle loro opere una rivoluzione linguistica. - scrive ancora Nifosì - Sono nel solco della pittura e della scultura. Ma dentro quei linguaggi sperimentano, osano, innovano guidati dall'osservazione, dall'occhio sul paesaggio che d'un tratto è stato visto in una sorta di epifania, come bello dopo secoli in cui la percezione era stata povera e insignificante, a conferma che non è un problema di oggettività, ma di soggettività. Da brutti anatroccoli le nostre città sono diventate cigni; il paesaggio agrario, luogo di povero lavoro contadino, è visto nella geometria dei muretti a secco, una sorta di "sconfinata land art", per dirla ancora con Consolo, un demiurgico intervento del Padreterno per usare un'immagine di Bufalino».

(20 giugno 2009)

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