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Doppia scena | Vita di Galileo

Il protagonista Franco Branciaroli incontra gli studenti venerdì 25 gennaio per parlare dello spettacolo di Brecht, omaggio allo scrittore nel cinquantenario della morte. In scena fino al 3 febbraio.

Nel cinquantenario della morte di Bertolt Brecht va in scena con grande successo in tournée nazionale il nuovo allestimento di Vita di Galileo, coprodotto dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia e dal Teatro de Gli Incamminati. Lo spettacolo, frutto del felice incontro di artisti di chiara fama, sarà ospitato dal Teatro Stabile di Catania, dal 22 gennaio al 3 febbraio all’Ambasciatori. Il ruolo del titolo è sostenuto da Franco Branciaroli, diretto dal regista Antonio Calenda. Le scene sono di Pier Paolo Bisleri, i costumi di Elena Mannini, le musiche di Germano Mazzocchetti, le luci di Gigi Saccomandi.

Lo spettacolo sarà oggetto di approfondimento nell’incontro che si svolgerà venerdì 25 gennaio alle 10.30, nel Coro di notte del Monastero dei Benedettini, nell’ambito di “Doppia scena”, il ciclo di incontri organizzati dallo Stabile in collaborazione con le facoltà di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature straniere.
Interviene l'attore protagonista Franco Branciaroli, a coordinare la conversazione saranno i docenti Giuseppe Dolei e Alessandra Schininà. 

L’uomo e il senso di responsabilità civile, la ricerca e l’etica, lo scienziato e il potere: si sviluppa fra questi cardini – di assoluta attualità – Vita di Galileo, una delle opere più importanti di Brecht, ma anche fra le più ambigue e avvincenti. Composto fra il 1938 e il 1943, il dramma fu rielaborato in almeno tre distinte riprese e costituì sempre un culmine nella produzione brechtiana: una sorta di “testamento spirituale” per il grande autore di Augusta sia sul piano del lavoro teatrale, che su quello del contenuto morale. Un capolavoro nei cui inquietanti chiaroscuri e nelle cui evoluzioni si possono intuire le vie per comprendere veramente il XX secolo e i suoi conflitti, ovvero le ombre del nostro presente, come già sottolineò nel 1963 Giorgio Strehler nel suo allestimento.

La storia percorre la parabola del grande scienziato pisano dal tempo dell’insegnamento a Padova agli ultimi anni vissuti forzatamente in “ritiro” a Firenze, sotto la sorveglianza della Santa Inquisizione: un’esistenza densa di entusiasmi, affermazioni, sconfitte, intuizioni. La rivelazione più clamorosa riguarda il Modello Copernicano: non è Galileo ad intuirlo per primo, ma per primo riesce a dimostrarlo scientificamente, grazie proprio all’uso di quel telescopio di cui si era impropriamente attribuito l’invenzione. Le conseguenze di tale dimostrazione sono dirompenti: la Chiesa non è disposta ad abbandonare la teoria tolemaica del geocentrismo, l’Inquisizione processa Galileo e gli pone una scelta fra le più laceranti. Restare fedele a sé stesso, agli allievi, accondiscendere fino in fondo al demone della scienza e ad essa sacrificare la vita, oppure salvarsi, abiurando le teorie rivoluzionarie? Lo scienziato decide per la salvezza.

E se nella prima edizione del dramma Brecht sembra scorgere in ciò il tentativo di continuare segretamente a servire la scienza e la ricerca, nelle rielaborazioni successive appare invece sempre più determinato a condannare la codardia con cui il protagonista sottomette la scienza alla politica. «Non credo che la scienza possa proporsi altro scopo che quello di alleviare la fatica dell’esistenza umana - scrive infatti nelle sue note all’opera - se gli uomini di scienza non reagiscono all’intimidazione dei potenti egoisti e si limitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre ed ogni nuova macchina non sarà che fonte di nuove tribolazioni per l’uomo».

Vita di Galileo è ricchissimo di spunti di riflessione per l’uomo contemporaneo, dibattuto nella scelta fra mercificazione e valori profondi, fra anelito al potere e responsabilità, fra conformismo e isolamento. Temi di grande coinvolgimento su cui il Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia e il Teatro de Gli Incamminati hanno voluto puntare, nella realizzazione della messinscena dell’opera, affidata alla regia di Antonio Calenda e – per il ruolo del titolo – ad uno dei maggiori protagonisti della scena nazionale, Franco Branciaroli.

(25 gennaio 2008)

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