Università di Catania
Università di Catania - L'Agenda

Ritratto di un maestro

Mercoledì 16 gennaio alle 10.30, nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, omaggio alla memoria del prof. Francesco Branciforti

Mercoledì 16 gennaio alle 10.30, nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, la facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di catania, la Fondazione Verga e la Società di Storia Patria rendono omaggio alla memoria del prof. Francesco Branciforti. Il "Ricordo di un maestro" sarà affidato ad Alberto Vàrvaro, seguiranno vari interventi e testimonianze, coordinati dalla prof.ssa Margherita Spampinato.

Ricordo di Francesco Branciforti

(di Gabriella Alfieri, Mario Pagano, Margherita Spampinato)

Con Francesco Branciforti se ne va uno dei più autorevoli e autentici Maestri della nostra Facoltà, dove ha insegnato a lungo Filologia Romanza e, per breve tempo, Storia della lingua italiana. Si era laureato a Catania con Salvatore Santangelo, per poi conseguire a Firenze, alla fine del 1951, il perfezionamento in Filologia Romanza con Mario Casella, approntando l’edizione del canzoniere di Lanfranco Cigala. La tesi viene pubblicata nel 1954 nella prestigiosa Biblioteca dell’«Archivum Romanicum». A quest’edizione segue quella di un altro trovatore genovese, Bonifacio Calvo (Catania 1955); due lavori che si configurano ancor oggi come punti di riferimento per chi voglia studiare i trovatori genovesi. Accanto alla perizia filologica è in lui presente una forte progettualità culturale: fa parte, infatti, del gruppo di giovani (Giuseppe Cusimano, Gianfranco Folena, Pietro Palumbo, Alberto Vàrvaro) che nei primi anni Cinquanta si raccoglie attorno ai fondatori del Centro di Studi filologici e linguistici siciliani di Palermo: Salvatore Battaglia, Antonino Pagliaro, Giorgio Piccitto e un attivissimo Ettore Li Gotti. Negli stessi anni in cui studia i trovatori, pubblica Regole, costituzioni, confessionali e rituali, che costituisce il terzo volume della "Collezione di testi siciliani dei secoli XIV e XV" del Centro Studi palermitano. I modi dell’approccio al siciliano medievale sono quelli del filologo romanzo, che gli consentono un’ampiezza di prospettiva che ha caratterizzato tutti i suoi lavori, e di cui darà ulteriore prova, nel 1977, in una relazione su La ricerca filologica in Sicilia nel Convegno La presenza della Sicilia nella cultura degli ultimi cento anni, tappa obbligata per chi si occupa di siciliano. Ha dato prove significative anche nell’ambito di un altro prestigioso settore, quello della letteratura antico-francese: l’edizione del racconto ovidiano di Piramus et Tisbé («Archivum Romanicum» 1959), ancor oggi viene ricordata nella recente edizione di E. Baumgartner (Gallimard, Paris 2000), per la sua «très importante introduction». Negli anni Sessanta si occupa, con la consueta acribia filologica, anche di antico-spagnolo, nel cui ambito cura l’edizione della produzione devota di Pero López de Ayala: El libro de Job e La flores de los Morales de Job. Tutti i suoi contributi testimoniano che egli sapeva coniugare la perizia ecdotica ad ampi orizzonti interpretativi, che fanno della sua filologia non soltanto tecnica dell’edizione ma anche storia della cultura. Tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta assolve con impegno al mandato di Presidente della Società di Storia Patria di Catania. Così come altri maestri della filologia romanza in Italia, non si occupa soltanto di letteratura medievale, ma subisce il fascino del moderno. Il verismo e Verga, in particolare, rappresentano la passione intellettuale degli ultimi decenni; è dal 1978 il promotore e poi l’anima della Fondazione Verga, istituzione concepita e gestita con dichiarata apertura all’orizzonte nazionale e internazionale. Con tenacia e impegno, riuscirà innanzitutto ad assicurare alla proprietà pubblica il patrimonio culturale e filologico dei manoscritti originali di Verga, acquistati dalla Regione Siciliana. Su questa base ne promuoverà l’Edizione Nazionale, che conta già dieci volumi. Mancano I Malavoglia, di cui avrebbe dovuto occuparsi personalmente. Ce ne rimane un fondamentale saggio preparatorio, il suo capolavoro, così come lo studio propedeutico all’intera edizione critica verghiana, Lo scrittoio del verista: un canone non solo per gli editori di opere verghiane, ma anche un esempio di come una rigorosa filologia sia alla base di una raffinata interpretatio. A partire dal 1979 promuove annualmente convegni di respiro internazionale, di cui poi curerà amorosamente e impeccabilmente - ma sempre in forma anonima, con la connaturata generosità e modestia - gli "Atti". In questi giorni, mentre ci lasciava, sono arrivati sui tavoli degli studiosi i due volumi dell’ultimo Convegno su Il teatro verista. Grazie alla "Serie Convegni della Biblioteca della Fondazione Verga" disponiamo di una fondamentale e poliedrica rivisitazione critica del verismo, con apertura allo studio linguistico e interculturale dei testi di Verga, Capuana e De Roberto. Con analoga amorevole cura coordina la collana degli "Studi" e la rivista "Annali della Fondazione Verga". Nel dirigere la Fondazione Verga e nel promuoverne il mandato culturale e scientifico, l’ampiezza di prospettiva che ha sempre caratterizzato la sua attività intellettuale gli permette di esaltare la dimensione europea di Verga e del verismo.

(16 gennaio 2008)

Stampa testo
Invia questo articolo
Tutti gli appuntamenti...
Archivio eventi
In prima pagina