Sarà Giuseppe Dipasquale, nuovo direttore artistico dello Stabile etneo, ad aprire l’incontro di Doppia scena che venerdì 30 novembre vedrà protagonista Gabriele Lavia. Il grande artista di origini siciliane torna così a parlare agli studenti, ospite ancora una volta del ciclo dedicato agli spettacoli in scena allo Stabile e realizzato dall’ente in collaborazione con le facoltà di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature straniere.
L’appuntamento è stato fissato per le 10,30, nel Coro di notte del Monastero dei Benedettini: oggetto della conversazione, aperta agli studenti e agli appassionati, è il testo e la messinscena di Misura per misura di Shakespeare, in programmazione al Metropolitan fino a domenica 9 dicembre. A coordinare l’approfondimento sarà Maria Grazia Nicolosi, docente di Letteratura inglese.
L'impegnativo allestimento che vede sotto la sua direzione una compagnia di ben 23 attori, si avvale di due collaboratori storici della Compagnia Lavia, lo scenografo Carmelo Giammello e il costumista Andrea Viotti. Le coreografie sono affidate a Luca Tommassini, altro nome di spicco del panorama teatrale.
L’universo rappresentato da questa commedia “oscura” è conflittuale e irrisolto come lo è la nostra attualità, un mondo dove giustizia e ingiustizia confondono i loro regni, si scambiano le parti, ed è impossibile marcare una linea di confine definita una volta per tutte.
Difficile, ambiguo, inafferrabile come la complessità del nostro vivere, Misura per misura è un grande gioco del teatro e fa da specchio a un mondo che non smette di cercare un senso nuovo per parole come giustizia, potere, morale e dignità umana. Ma non si tratta di concetti astratti, quanto di nodi esistenziali che conducono a temi eterni ed attualissimi come la pena di morte e il rapporto tra politica e morale: "perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati" (dal Vangelo secondo Matteo, passo da cui probabilmente è stato tratto il titolo dell’opera).
L’azione si svolge in quella che il regista ha definito “una Vienna da sottosuolo”, splendidamente rappresentata dalla scena di ferro arrugginito ad opera di Carmelo Giammello, in cui un universo corrotto, vizioso e malato mostra le sue contraddizioni. Nello stesso stile, che potremmo definire “dark”, rappresentativi di un umanità corrotta, i costumi di Andrea Viotti.
Protagonista della vicenda è il duca di Vienna, Vincenzo, preoccupato dell’immoralità dei sudditi e del dispregio dell’istituzione matrimoniale, che affida il governo al vicario Angelo per vedere se sarà in grado di far rispettare le leggi. Finge quindi di assentarsi e si traveste da frate per spiarne l’operato. Angelo si rivelerà incapace di governare con autentica equità e giustizia, attaccato al mero dettato della legge e travolto dalle stesse passioni che dovrebbe punire. Condanna a morte Claudio, colpevole di aver sedotto Giulietta, che lo ama, anche se i due vorrebbero sposarsi; allora Lucio, l’amico di Claudio, chiede aiuto alla sorella di lui, la virtuosa novizia Isabella, per dissuadere Angelo. Isabella supplica il vicario di aver pietà del fratello, ma Angelo prova nei suoi confronti pensieri peccaminosi e le promette la salvezza di Claudio a patto che lei gli si conceda. Interviene allora il duca travestito, vero deus ex machina della vicenda, che con la sua presenza-assenza manovra i fili dei destini dei suoi sudditi. Personaggio ambiguo e inafferrabile, attraverso complicati intrighi e sotterfugi ristabilirà infine l’ordine e la giustizia.
(30 novembre 2007)