Da martedì 10 al 15 dicembre, al Teatro Verga di Catania, il Teatro Stabile inaugura la nuova stagione 2013-14 con Hedda Gabler di Henrik Ibsen.
Con: Manuela Mandracchia e Luciano Roman. La regia è di Antonio Calenda. E' una coproduzione Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia e Compagnia Enfi Teatro.
Gelida e altera, consapevole del proprio fascino eppure fragile nella sua intima frustrazione, nella sua incapacità di vivere serenamente la propria femminilità, ossessionata dal successo e rapita da un vortice di egoismo, rivalità, deleteria intransigenza: Hedda Gabler è una delle più problematiche, febbrili e seduttive figure femminili ibseniane. È alle suggestioni dell'opera di Henrik Ibsen che il Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, assieme alla compagnia Enfi Teatro, si volge con questa nuova produzione, intraprendendo un significativo itinerario nella grande drammaturgia classica europea. Antonio Calenda affronta Hedda Gabler dirigendo nel ruolo del titolo Manuela Mandracchia, interprete sensibile e nome di spicco dell'attuale panorama teatrale italiano. L'allestimento si avvale delle scene di Pier Paolo Bisleri, i costumi di Carla Teti, le luci di Nino Napoletano, le musiche di Germano Mazzocchetti.
Henrik Ibsen - assieme allo scandinavo e di poco successivo August Stindberg - rappresenta un vertice assoluto nella letteratura teatrale ottocentesca, attraverso i cui modelli continua ad esprimersi, aprendone però le prospettive a nuove vie, a percorsi di piena modernità che egli ha il merito di prospettarci in tutta la loro complessità concettuale. I personaggi, soprattutto le creature femminili, esprimono sempre uno o più nodi tematici che stanno a cuore all'autore, senza però apparire mai esemplificativi: conservano invece tutta la loro vibratile complessità, vivono ogni chiaroscuro, ogni contraddizione e ciò assicura ai loro profili ed ai loro conflitti dirompenza emotiva.
Scritto nel 1890 e andato in scena - con accoglienza gelida per la sua vis provocatoria - l'anno successivo al Residenztheater di Monaco, Hedda Gabler pone al proprio centro una figura che si discosta profondamente dall'ideale femminile coevo ad Ibsen. Un plot ad alta tensione drammatica che precipita inevitabilmente nella tragedia. Dopo la morte del padre, il generale Gabler, con cui aveva condotto vita altolocata, la giovane Hedda si trova costretta a sposare per interesse un mediocre intellettuale piccoloborghese Joergn Tesman. Egli ambisce a una cattedra universitaria che gli spetterebbe di diritto e nella prospettiva di quest'incarico, per amore di Hedda, ha contratto debiti, intrapreso un lungo viaggio di nozze e acquistato una villa. Rientrata dalla luna di miele, Hedda appare del tutto insoddisfatta della sua nuova vita, annoiata, confusa dalla sua stessa femminilità enigmatica e ancor più dal fatto di essersi scoperta incinta, stato che invece il marito non sa intuire.
La confusione nella casa aumenta quando riappare Løvborg un antico amore di Hedda, scrittore tutto "genio e sregolatezza" che ora è amato e ispirato dalla giovane Thea, e che potrebbe concorrere alla cattedra di Tesman. Hedda è subito infastidita da Thea, le si finge amica per rivaleggiare con lei. Una sera, ubriaco, Løvborg smarrisce il manoscritto che avrebbe dovuto portare a compiutezza il suo successo e ciò manda nella disperazione lui e Thea. Tesman lo ritrova, ma Hedda lo convince a tacere e brucia il capolavoro. Durante un incontro con Løvborg lo indurrà a uccidersi, fornendogli addirittura una delle pistole del padre generale, in un cieco slancio di volontà di potenza e di controllo del destino altrui. Ma la forza e l'individualità di Hedda varcano presto il confine della solitudine: ricattata e minacciata di scandalo dall'assessore Brack, non confortata dal marito, tutto intento a ricostruire assieme a Thea il capolavoro perduto, tormentata dalla frustrazione, la donna sceglie di suicidarsi davanti al ritratto del padre.
(10 dicembre 2013)