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Veleni di famiglia ovvero le femine velenose

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Da giovedì 14 a sabato 16 novembre alle 21, al Teatro Coppola di Catania, in scena spettacolo di e con Silvia Martorana Tusa

Giovedì 14, venerdì 15 e sabato 16 novembre alle 21, al Teatro Coppola di Catania, per la rassegna "L'isola plurale" andrà in scena Veleni di famiglia ovvero le femine velenose, di e con Silvia Martorana Tusa

Le musiche sono di  Barbara Sartori, e saranno eseguite da Sergio Bartolone

La donna del veleno o il veleno della donna nel seno della vita e della storia dalla Sicilia al Nord Italia si consuma sulla scena per universalizzarsi nei rapporti umani, nell'amore coniugale o nell'amore segreto, nelle vendette trasversali e nei giochi di bambine. Così l'attrice Silvia Martorana ricostruisce con il suo spettacolo, un itinerario nei meandri della psiche femminile, del suo erotismo, della sua bellezza ora fedifraga, ora celeste, ora ancora maledetta.

La Martorana usa la voce per dare il via a racconti descrittivi, ricostruiti in piccoli particolari che nella mente dello spettatore divengono immagini concrete, vive nella memoria e nelle conseguenze del presente. Una sedia, un tavolo, caramelle al veleno e il canto sospeso tra la suspance e la paura delle azioni velenose. Alla base un fiorente substrato letterario: da i veleni di Palermo di Rosario La Duca a La vecchia dell'aceto di giovanna Fiume, da Lucrezia Borgia di Maria Bellonci a I Borgia di Alexandre Dumas, dalla Lucrezia Borgia di Victor Hugo a L'acqua tofana di Salomone Marino, da L'avvelenatrice di Vincenzo Linares ai Veleni intrighi e delitti nei secoli di Francesco Mari ed Elisabetta Bertol e molti altri.

Inizia così lo spettacolo spaziando poi nei significati estesi e figurati di una sostanza che, se da un lato è generosa di morte, dall'altro decreta la libertà e la vita di un altro individuo, autore del delitto e beneficiario dei suoi effetti. In equilibrio fra il male ed il bene il veleno, nel lavoro dell'autrice è una soluzione plausibile, immediata, quasi l'unica possibile per rinascere, come una sorta di espiazione dei peccati in vita, come una "taranta" che nel suo morso riversa i dolori di una vita, la frustrazione dei divieti e la povertà di mezzi e d'animo.

Con il suo stile fresco, la leggerezza e in alcuni momenti con il distacco di un "cuntastorie" d'altri tempi al di là di ogni tradizione, l'attrice dà prova di un'abilità che coinvolge il corpo e la voce in un unicum efficace, funzionale ed organico.  La drammaturgia, dinamica e accattivante, è un tessuto fertile per cucire insieme ritratti di donne madri, figlie, amanti, spesso capri espiatori dei costumi e della morale del tempo.(Claudia Brunetto)

(14 novembre 2013)

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