Giovedì 14 gennaio alle 17, il dipartimento di Scienze Umanistiche e la Villaggio Maori Edizioni, in collaborazione con il Teatro Machiavelli, presentano la collana di letteratura di lingua tedesca “La Radura” diretta da Vincenza Scuderi, di cui sono apparsi i volumi "Kurd Laßwitz - La biblioteca universale e altre fantasie" (curato e tradotto da Alessandro Fambrini) e "Hugo von Hofmannsthal - Lettere del ritorno" (curato da Grazia Pulvirenti e tradotto da Vincenza Scuderi).
La collana “La Radura” (in tedesco Lichtung, da Licht, “luce”) nasce per far uscire dal bosco della germanistica e portare alla luce della “radura” testi di letteratura di lingua tedesca di qualità finora colpevolmente trascurati dall’editoria italiana (mai tradotti o tradotti chissà quando e annegati altrettanto colpevolmente nell’indifferenza), permettendo loro di raggiungere finalmente un pubblico anche di non specialisti. Il sottotitolo della collana, “Letteratura di lingua tedesca”, e non genericamente “Letteratura tedesca”, mira a far ricordare che se una è la lingua, il tedesco, diversi sono i paesi in cui nasce la letteratura in cui questa lingua si declina.
Dopo i saluti del direttore del Disum Giancarlo Magnano San Lio, i germanisti Alessandro Fambrini (Università di Pisa), Grazia Pulvirenti (Università di Catania) e Vincenza Scuderi (Università di Catania) discuteranno dei primi due volumi pubblicati nel 2015. L’incontro sarà arricchito dalle letture della regista e attrice Emanuela Pistone.
I libri
Kurd Laßwitz - La biblioteca universale e altre fantasie, curato e tradotto da Alessandro Fambrini, Villaggio Maori Edizioni, 2015
Ancora semisconosciuto in Italia, Kurd Laßwitz (1848-1910) è considerato il “Jules Verne tedesco” per i suoi romanzi avveniristici, che coniugano le scoperte della scienza con la visione di un futuro possibile, e soprattutto per i suoi racconti fantastici che proiettano sullo schermo del tardo Ottocento una fantasmagorica sequenza di mondi ipotetici. Questa raccolta rappresenta Laßwitz al suo meglio, con otto brevi storie che spaziano dall’utopia, all’avventura in dimensioni microscopiche, alla speculazione matematico-filosofica, alla satira sociale: otto pietre miliari sulla strada del racconto di un futuro che avrebbe potuto essere, che in parte si è davvero realizzato, ma che soprattutto sembra ammiccare verso di noi con tutte le potenzialità di una visione fantastica e luminosa.
Hugo von Hofmannsthal, Lettere del ritorno, curato da Grazia Pulvirenti e tradotto da Vincenza Scuderi, Villaggio Maori Edizioni, 2015
Attraverso l’esperienza del colore, Hugo von Hofmannsthal nelle Lettere del ritorno del 1907 compie il suo più spericolato esperimento di una scrittura estatica della visione quale figurazione della fantasia immaginativa: l’atto della visione viene introiettato e inscenato come processo cognitivo, immaginativo e poietico a un tempo. Ne deriva un panorama di forme in divenire, di immagini dinamiche e metamorfiche, sfocate e fluttuanti, generate dal principio energetico del colore colto e trasformato dalla parola. In tale scrittura si genera una forma di pensiero che, nell’abolizione dei vincoli logico-razionali dell’impianto gnoseologico occidentale, rende manifesta la trasformazione interiore, emotiva e psichica determinata dall’esperienza artistica. Si tratta di una esperienza in grado di afferrare la segreta e invisibile trama di sensi non manifesti, intrecciati nella dimensione dell’invisibile, inteso come sfera di latenza dell’essere, catturato dalla fantasia e dall’immaginazione.
(14 gennaio 2016)