Università degli studi di Catania
Università degli studi di Catania - L'Agenda

Madre Coraggio

altri eventi in città
Da martedì 22 aprile a mercoledì 14 maggio in scena al teatro Ambasciatori il dramma di Bertolt Brecht. Regia di Cristina Pezzoli, con Isa Danieli

L’allestimento del dramma Madre Coraggio di Bertolt Brecht – produzione “Gli ipocriti” – andrà in scena all’Ambasciatori, dal 22 aprile al 14 maggio, ospite dello Stabile etneo.

Superlativa prova brechtiana per Isa Danieli, attrice di straordinario talento, chiamata al ruolo del titolo in Madre Coraggio, spettacolo corale che tanto successo sta riscuotendo nei teatri della penisola. La drammaturgia, che si avvale della traduzione di  Roberto Menin, viene riproposta nell’elaborazione di Antonio Tarantino. A firmare la regia è Cristina Pezzoli, le scene Bruno Buonincontri, i costumi Gianluca Falaschi, le musiche Pasquale Scialò, le luci Cesare Accetta. Un team di qualità come il copioso cast che, con Isa Danieli, annovera Alarico Salaroli, Marco Zannoni, Lello Serao, Arianna Scommegna, e ancora Xenia Bevitori, Carlo Caracciolo, Matteo Cremon, Antonio Fabbri, Tiziano Ferrari, Vesna Hrovatin, Paolo Li Volsi, Fabio Mascagni, Aurora Peres, Sergio Raimondi, Shi Yang, Luigi Tabita.

Bertolt Brecht scrisse Madre Coraggio e i suoi figli nel 1939, durante il soggiorno in Danimarca, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, la prima rappresentazione avvenne a Zurigo nel 1941. L’opera - sottotitolo Una cronaca dalla guerra dei Trent’anni - porta in scena le vicende verificatesi tra il 1624 ed il 1636 nel corso dello storico conflitto, sviluppatosi più ampiamente dal 1618 al 1648. Il contrasto fra Cattolici e Protestanti nel Sacro Romano Impero fornì alle potenze europee il pretesto per dare il via ad una lotta che segnò la fine dell’egemonia asburgica in Germania e la sconfitta della Controriforma, provocando ingenti perdite demografiche e grave decadenza economica in particolar modo alla Germania.
La protagonista del dramma è Anna Fierling, vivandiera/commerciante detta Madre Coraggio per aver sfidato le cannonate, durante l’assedio, pur di portare a buon fine il suo smercio di pagnotte ammuffite. Gli affari vengono prima di tutto e, pur essendo bravissima nel suo “lavoro”, ciò non toglie che esso si basi prevalentemente sulla miseria e sulla sventura degli altri. Padrona di un carro, che utilizza nei vari spostamenti, è accompagnata nel suo “viaggio di lavoro” dai tre figli che, per inciso, hanno tre cognomi diversi, considerato che Madre Coraggio non ricorda nemmeno i nomi dei padri con certezza.
Schweizerkas è il figlio buono e onesto che, proprio per troppa onestà, si fa uccidere da un sergente disonesto. Eilif, forte e robusto, aiuta la madre a spingere il carro, ma il brigadiere e il reclutatore lo portano via, arruolandolo nell’esercito. Arriva una pace temporanea, Eilif sarà processato e ucciso come criminale per le azioni commesse in guerra. Kattrin, la figlia muta, sente di essere un grave peso per la madre e vive nella speranza della pace che difficilmente potrà arrivare così come il marito che lei sogna. Sarà l’unica vera eroina di tutta la tragedia! Morirà per salvare la città e fermare la guerra.
Per Madre Coraggio nemmeno i figli contano, vorrebbe tenerli fuori dalla guerra, ma non può fare a meno di sacrificarli o comprometterli “nella guerra, in fondo - lo dice anche il brigadiere nella prima scena - è impossibile pensare di poter vivere della guerra, senza pagarle gli interessi”. Madre Coraggio, nonostante la perdita dei figli, non capisce che la guerra è un affare solo per potenti e pensa di poterne fare un affare personale al seguito degli eserciti in lotta.

Osserva Antonio Tarantino: «Il conflitto è solo la continuazione degli affari con altri mezzi, ma i grandi affari non li fanno la povera gente, e nella guerra le virtù umane diventano mortali: questa è secondo Brecht la morale del dramma. Il vincolo di un testo, di ogni testo, non è la sua assoluta necessità, in ordine alle parole con le quali è stato creato come congegno espressivo, ma è la sua fatalità, ovvero il suo destino, la sua fortuna. Lo stesso autore avrebbe potuto riscrivere “la cosa” in cento modi differenti. E in ciò risiede l'infinitezza di un testo, di tutti i testi».

(22 aprile 2008)

Stampa testo
Invia questo articolo
Tutti gli appuntamenti...
Archivio eventi
In prima pagina