Si inaugura venerdì 27 aprile alle 17.30, al Monastero dei Benedettini, la mostra di Luigi Gismondo e Turi Aquino "Nel segno di Demetra", a cura di Franco De Grazia. L'esposizione è promossa dalla facoltà di Lingue e letterature straniere, dalla assessorato provinciale ai Beni culturali e dall'associazione culturale Portarossa. L'esposizione è visitabile fino a domenica 6 maggio, dalle 9 alle 18.
La stessa esposizione sarà allestita inoltre nella sede di Ragusa della facoltà di Lingue con il patrocinio del Comune ibleo e dell'associazione Portarossa. L'inaugurazione si svolgerà mercoledì 9 maggio alle 19 alla Chiesa di Santa Teresa annessa alla facoltà di Lingue a Ragusa Ibla e sarà visitabile fino al 19 maggio (dalle 9 alle 20).
(a cura di Franco De Grazia) Questa mostra presenta un’antologia della più recente produzione di Aquino e Gismondo, due artisti che solo riduttivamente si potrebbero definire “ceramisti” solo perché operano con tecniche riferibili a tale campo. Ambedue, infatti, sono da anni impegnati in una ricerca che vede nella manipolazione delle terre con altri materiali, trasformati dalle alte temperature del forno, il modo più congeniale per sondare ed esprimere il loro universo interiore. Diverse, tuttavia, le soluzioni dei due: pittorica quella di Aquino, plastica quella di Gismondo.
Il titolo della mostra fa riferimento al mito cantato negli
Inni omerici dove
Demetra è la Terra, la Dea Madre creatrice e generatrice di vita. Questo è l’elemento che collega l’arte di Aquino e Gismondo con l’immagine di Demetra. La Terra è, infatti, la materia prima con la quale lavorano i due artisti. Ma è soprattutto nello spirito della Dea che possiamo cogliere il senso della loro arte.
I Greci le dedicarono ad Eleusi un grande santuario dove annualmente, in primavera e in autunno, si svolgevano i misteri eleusini, importanti riti iniziatici ai quali potevano partecipare tutti, liberi o schiavi, uomini o donne, purchè non si fossero macchiati di omicidio. Attraverso un complesso cerimoniale che individuava nel seme di grano il suo elemento simbolico, gli iniziati coglievano il segreto della profonda unità e continuità fra materia e spirito, divino e umano, vita e morte, in una visione rasserenante dell’aldilà. Anche l’arte, in fondo, è un rito iniziatico in cui la materia originaria segue il “destino del seme”, cioè muore per dare vita a qualcosa di più elevato che possa saziare la fame spirituale degli uomini e il loro bisogno di eternità.
Turi Aquino compone seguendo un’esigenza di ordine assoluto che tuttavia passa attraverso una complessa vicenda esistenziale. Nella sua opera si avverte il costante bisogno di guidare i contrasti di superfici, di linee e di colori verso un vertice superiore che insieme li contenga e li esprima. Superfici geometriche composte da materiali eterogenei, sempre fortemente caratterizzati nella tessitura e nel colore, si accostano, si sovrappongono e s’intersecano. Nel comporsi creano un gioco di contrappunti spaziali e cromatici sempre equilibrati che tuttavia sfuggono alle trappole statiche della simmetria. Liberi segni grafici e decisi interventi cromatici si combinano con grovigli e filamenti di materiali naturali eterogenei. Sotto l’intervento sapiente e calcolato del fuoco questi producono complesse e tormentate vicende esistenziali che animano drammaticamente le superfici, solcandole e collegandole in un ritmo ascendente di progressiva tensione spaziale. Ognuna di queste vicende è contenuta in un’atmosfera cromatica che a volte si stabilizza, a volte cresce seguendo il ritmo della luce che il sigillo del vetro esalta.
La ceramica di
Luigi Gismondo esprime la pura tensione della natura nel suo momento creativo informale. Nelle sue opere la materia non si rappresenta, agisce. Egli scende dentro le viscere della terra per coglierne l’anima. I suoi blocchi li diresti frammenti della natura stessa nel suo ribollire magmatico. Essi producono sia all’interno che in superficie affascinanti escrescenze tattilmente intense e cromaticamente fantastiche, espressioni di una materia cui è affidato il compito di esprimere la forza e la bellezza della natura allo stato primordiale. Il segno non si deposita sul blocco di argilla, ma fende, spacca, graffia, traendo da queste ferite l’incontenibile vitalità della terra.
In alcune opere sembra essere alla ricerca di più marcati effetti pittorici: i blocchi si compattano ed assumono una forma più regolare; la tavolozza che prima era composta prevalentemente da bruni, terre, grigi antracite, gialli sulfurei, si arricchisce di tinte nuove, più varie. Ma anche quando sembra cedere l’elemento plastico, in lui prevale sempre un gioco di contrasti che producono tensione. Come nelle “stele” realizzate con la tecnica raku, dove lisce superfici monocrome dai bordi corrosi sono solcate a fasce da tessiture che sembrano depositi segnici della stessa natura.
(06 maggio 2007)