Venerdì 21 novembre alle 10, nel Coro di Notte del Monastero dei Benedettini, prende il via I.m.ide. Inquadrare l'Immaginario, rievocare la Memoria, negoziare l'IDEntità, il ciclo di seminari sull'utilizzo degli archivi audiovisivi, organizzato nell'ambito dei laboratori didattici attivati dal Dipartimento di Scienze Umanistiche (insegnamento di Storia e critica del cinema, prof. Alessandro De Filippo).
Si tratta del primo di cinque appuntamenti su diversi casi di studio, relatrice del primo incontro sarà Annamaria Licciardello. Annamaria Licciardello era assistente di Alberto Grifi, regista di “Anna” e primo a girare in video nel 1973. Il film fu portato su pellicola per la durata di 4 ore grazie a un vidigrafo – invenzione dello stesso Grifi – e venne presentato nel 1975 ai festival di Berlino e di Venezia e nel 1976 a quello di Cannes.
Argomento dell’incontro sarà l’opera di restauro del film, che si differenzia dal solito lavoro delle cineteche perché riguarda tutto il girato di Grifi, 11 ore, e non solo la versione finale del film. In questo modo oggi è possibile studiarne anche il lavoro preparatorio. Annamaria Licciardello restaurando questo materiale ci ha restituito il senso di un’opera di grande valenza storica. L’importanza del film “Anna” risiede non solo nella novità del supporto, il video, ma nella nuova modalità espressiva resa possibile dai bassi costi del nastro magnetico. Il film è girato in modo del tutto diverso rispetto al cinema narrativo. Grifi segue Anna, giovane ragazza incinta ai margini della società, e instaura con lei una relazione resa possibile solo dall’assenza dei paletti imposti dai costi e dall’ingombro della pellicola. Le fa raccontare la sua vita, i suoi disagi, i suoi disturbi mentali, la prende in giro. E ci lascia una storia che sfugge di mano al regista, rifiuta l'impianto cinematografico tradizionale e impone il tempo della vita reale contro il tempo della narrazione programmata.
Il ciclo approfondirà lo studio degli archivi audiovisivi, cui attingono storici, sociologi, storici dei media, studiosi del linguaggio audiovisivo, architetti e urbanisti, storici della lingua, antropologi visivi. «L'archivio audiovisivo - spiegano gli organizzatori - può essere una miniera, oppure una stanza polverosa di materiali inerti, inutili, dimenticati. Necessita di conversione nei nuovi formati, di riversamenti su nuovi supporti. Ma, soprattutto, necessita di essere studiato».
Un ciclo di seminari che racconta modalità eccentriche di utilizzare gli archivi audiovisivi, solitamente usati per conservare e preservare e per questo immaginati come luoghi polverosi.
(21 novembre 2014)