Sabato 16 novembre alle 9 e alle 15:30, al Palazzo della Cultura (via Vittorio Emanuele II, 95 - Catania), si svolge l'evento "Il coraggio della verità", una giornata di studi dedicata a Manlio Sgalambro a cento anni dalla nascita, promossa dal Comitato Nazionale Celebrazioni Manlio Sgalambro del ministero della Cultura in collaborazione con il Comune di Catania e NaxosLegge.
Nella seduta mattutina, dopo i saluti istituzionali di Enrico Trantino (sindaco di Catania), Pierfranco Bruni (presidente del Comitato per le celebrazioni del centenario di Manlio Sgalambro - MIC), e Fulvia Toscano (direttrice artistica di Noxoslegge), interverranno Caterina Resta (Università di Messina), Giuseppe Raciti (Università di Catania), Patrizia Trovato (saggista e scrittrice), Antonio Carulli (Phd in Filosofia, saggista) e Alberto Destasio (Università di Catania).
Nel pomeriggio interverranno Rita Fulco (Università di Messina), Davide Miccione (saggista), Luca Siniscalco (Università di Bergamo), Alessio Cantarella (curatore sito e social per Manlio Sgalambro) e Francesco Iannello (autore e regista).Presiede Roberto Fai (Collegio siciliano di Filosofia).
Il coraggio della verità è il superamento del dubbio in una fenomenologia della certezza in cui il concetto di tempo supera la visione della storia come premessa di conoscenza.
La storia non è conoscenza. Piuttosto apprendimento delle cronache che dovrebbero fare la storia. Ma essa si dilata nella dimensione appunto del tempo che rivela il peggio e il pessimo delle civiltà. Siamo figli di un eredità ed eredi di una misantropia che scava nella consolazione dell'uomo alla deriva.
Dobbiamo prendere atto che le civiltà che esprimono cultura e civilizzazione, per dirla con Thomas Mann, sono il portato di una identità di tempo che si dilata nella memoria.
La verità ha bisogno di coraggio? Forse. Ma occorre la consapevolezza del coraggio e la coerenza della conoscenza. Perché senza conoscenza non si ha verità. La sola verità però non basta se non si crea il viaggio verso la certezza.
Tra la verità e la certezza ci sono i fenomeni e le forme. Ovvero una epistemologia che ci possa indicare quel viaggio che abita tra una appartenenza e una eredità. Anche per questo il mondo greco è una porta semi aperta tra l'Occidente e l'Oriente.
Gli dei di Sgalambro stanno ad Oriente o a Occidente? Domanda fertile per una risposta in contraddizione di solitudine. Il suo "accamparsi" nell'isola del pensiero lo rende il filosofo dell'isola. Una metafora che nasce da un luogo. Il luogo è geografia della coscienza. Anima e corpo sono la "rappresentazione" di una immanenza e di una fisicità. L'immaterialità del pensiero è solo un tempo perduto? O una perdita di tempo? Qui si gioca il viaggio.
L'uomo senza Omero dove potrà dirigersi? Verso Itaca o verso una Terra Promessa? Più che la religione può l'antropologia? Entrambi sembrano rivelarsi il più delle volte come teologia. Ciò che interessa comunque è sentirsi "chierici". Pellegrini nel deserto. Ma la filosofia di Sgalambro non è forse un essere viandante tra i segreti e i misteri della parola che tutto può e nulla offre se non la consolazione che la morte finisce nel momento stesso in cui la morte non è più?
Se la morte non è più il tempo è. Se la morte muore con noi morenti e finiti il tempo non finisce e l'invito al viaggio è un permanere in quel coraggio che chiede alla verità di farsi certezza. Andare oltre è sfidare gli dei. L'uomo rischierebbe l'impossibile e dell'impossibile ha timore perché il tremore dell'angoscia occuperebbe lo spazio del vivere.
È più necessario vivere o è più necessario il coraggio della verità? La domanda resta e l'incompiutezza è una certezza che non invecchia perché è la morte che decide sul Tutto. Il Cioran del "crepuscolo dei pensieri" è una sintesi ineluttabile anche in Sgalambro.
(16 novembre 2024)