Dal 5 al 17 novembre, al Teatro Verga, va in scena lo spettacolo "L’uomo dal fiore in bocca - Nella mia carne" in cartellone per la stagione 2019/20 del Teatro Stabile di Catania.
Si tratta di un dittico che abbina "L'uomo dal fiore in bocca" di Luigi Pirandello al sequel immaginato da Vincenzo Pirrotta, ossia l'inedito "Nella mia carne", epilogo al testo pirandelliano (produzione Teatro Stabile di Catania in collaborazione con CTBA, Buenos Aires).
Vincenzo Pirrotta firma anche regia e scene, mentre i costumi sono di Riccardo Cappello. Pirrotta riveste altresì il ruolo del protagonista. Ad affiancarlo in scena è Giuseppe Sangiorgi, attore siciliano di teatro con importanti esperienze cinematografiche (Nuovomondo di Crialese a La mafia uccide solo d’estate di Pif, per non citarne che alcune) e televisive. Affidate al talento di Luca Mauceri, le musicheoriginali diventano parte integrante della messinscena. Gaetano La Mela cura le luci, Luigi Leone l’audio.
Pirrotta indaga la modernità della pièce pirandelliana e apre, nella riscrittura drammaturgica, sette finestre su sette vite inventate: proprio quelle che l’uomo dal fiore in bocca avrebbe voluto vivere. L’artista racconta tutta la frenesia e l’angoscia di quell’uomo che si aggrappa alla banalità del quotidiano per cercare di rintracciare una superiorità della vita sulla morte. Su una scena buia, in una anonima stazione della provincia siciliana, il protagonista dialoga con l’avventore, interpretato da Giuseppe Sangiorgi, mentre incombe sui due una luce viola che si abbassa lentamente, fino a rivelare la sua forma: è un fiore, dal nome dolcissimo eppure terribile: epitelioma.
In concomitanza con le rappresentazioni, il foyer del Verga ospiterà la mostra “IPirandello - La famiglia e l'epoca per immagini” a cura di Sarah Zappulla Muscarà ed Enzo Zappulla. La mostra e il relativo catalogo (La nave di Teseo, 630 foto) narrano, attraverso una straordinaria, completa, rara o, in gran parte, inedita raccolta di foto, la parabola esistenziale e artistica del grande agrigentino. E non solo. Un “romanzo iconografico”, sul filo della memoria, la storia di una delle più complesse e tormentate famiglie che ha ricoperto un ruolo di primo piano nella cultura internazionale fra Otto e Novecento, in cui le vicende private s’intrecciano con quelle di un’epoca che vive eccezionali fermenti innovativi.
Già nel titolo quest’atto unico di Pirandello rivela tutto il suo insinuante fascino, perché non allude scopertamente alla condizione di un individuo malato a morte, come invece la novella da cui è tratto, “La morte addosso”. Il titolo teatrale è più enigmatico, lo spettatore scopre a poco a poco e dopo aver ascoltato un dialogo che può sembrare banale, nell'attesa di un treno che tarda ad arrivare, che si tratta invece di un discorso sulla morte che sta lentamente consumando l’uomo, il quale ne parla sorridendo. Tuttavia dentro quel sorriso c’è una carica d’angoscia, una frenesia che spinge l’uomo dal fiore in bocca ad attaccarsi alla vita degli altri per dimenticare la propria che sta per perdere. Il desiderio di entrare dentro quest’angoscia mi ha spinto ad indagare su una via contemporanea per il palcoscenico di un testo del 1923, ricercandone la modernità: la condizione dei malati terminali cui viene dato un tempo e che oggi si sono moltiplicati dagli anni di Pirandello. Lo sviluppo di questa idea condurrà ad una seconda parte, che prenderà vita dopo l’uscita di scena dell’avventore per l’arrivo del suo treno, dopo l’ultima battuta dell’uomo dal fiore in bocca: «E mi faccia un piacere, domattina, quando arriverà. Mi figuro che il paesello disterà un poco dalla stazione –. All'alba, lei può fare la strada a piedi. – Il primo cespuglietto d’erba su la proda. Ne conti i fili per me. Quanti fili saranno, tanti giorni ancora io vivrò. Pausa Ma lo scelga bello grosso, mi raccomando. Riderà. Poi: Buona notte, caro signore.» Ecco, la seconda parte che andrò a sviluppare in una drammaturgia inedita prenderà spunto da quest’ultima battuta. Vi sarà una pausa di silenzio e sospensione in cui la scenografia costituita da pareti mobili di lastre di raggi X, si stringerà attorno all’uomo dal fiore in bocca in un movimento continuo e lento, ponendolo in una condizione sempre più claustrofobica. L’uomo dirà: «Solo sette, erano solo sette i fili in quel cespuglietto d’erba.» Da questo momento racconterà i suoi ultimi sette giorni, aprendo sette finestre su sette vite inventate, le vite che avrebbe voluto vivere. Tra un giorno e l’altro, tra una vita e l’altra, mostrerà sempre più l’avanzare della malattia e il suo consumarsi.
Venerdì 15 novembre alle 18.30, nella tribuna del Teatro Verga, gli artisti incontrano il pubblico; modera l’incontro Gloria Vincenti, speaker di Radio Zammù.
Università e Teatro Stabile di Catania offrono anche quest’anno l’opportunità agli studenti, ai docenti e al personale tecnico-amministrativo di assistere agli spettacoli della Stagione teatrale 2019/20 a condizioni agevolate.
(05 novembre 2019)